Quando nel dolce aprile barcellonese, ai quarti di finale del Trofeo Godò di Barcellona, Fabio Fognini sciorinava una delle prove più convincenti dell’anno contro Rafael Nadal, i tifosi potevano forse iniziare nuovamente a sperare che il vero Fogna fosse tornato. Perdeva in due set il ligure, ma senza sfigurare, facendo sudare il più possibile la semifinale ad un Nadal che sembrava ritrovato, avendo appena vinto a Montecarlo.
Aveva passato un inizio anno convulso, Fabio, complice un brutto e doloroso infortunio agli addominali che aveva finito per complicare ulteriormente la sua annata, proprio alle porte della stagione sul rosso, superficie sulla quale è certamente più competitivo e costante.
“Fogna” cercherà di sfruttare quella ventata di freschezza andando in Baviera in cerca di buone sensazioni e di risultati. Perderà solo da Philip Kohlschreiber in semifinale, lo stesso giocatore a fermarlo oggi al suo esordio stagionale. Dopo l’uscita con il tedesco, l’italiano si presenterà in buon forma a Madrid. Nel secondo turno della manifestazione di Ion Tiriac, Fognini arriverà addirittura a servire per il match, dopo aver nascosto la palla a Kei Nishikori per tutto il match: perderà ugualmente testa e incontro.
Agli Internazionali d’Italia giocherà il più brutto match dell’anno con Guillermo Garcia-Lopez, prima di uscire tra i fischi e puntare il dito sull’organizzazione, colpevole di non aver rispettato accordi sull’orario di gioco. Cose loro, e a dire il vero anche un po’ noiose per i tifosi che fanno ore di fila per poter vedere qualche partita.
A Nizza verrà eliminato all’esordio, da Donald Young, dopo una prova incolore. Poi il Roland Garros, dal dove tornerà a casa senza vincere un solo set con Marcel Granollers, giocatore che conosce bene e non certo al di fuori della sua portata.
Alle domande su un apparente “smarrimento”, dopo l’occasione perduta contro Nishikori, Fognini risponderà invocando l’attenuante dell’infortunio e ricordando il matrimonio alle porte. Ma al rientro a Wimbledon le cose non cambiano di certo e il match di secondo turno contro Feliciano Lopez diventa surreale: dopo un’ora di gran tennis con lo spagnolo che non sapeva che pesci pigliare, Fabio incredibilmente comincia a litigare con tutti: da Barazzutti a Perlas, dalla neosposa all’avversario, senza scordare vari giornalisti e, figurarsi, Bernardes, lo sventurato che arbitrava quel giorno.
Dopo la parentesi di Pesaro in Coppa Davis, arriverà finalmente il bel successo nel piccolo torneo 250 di Umago, unico Titolo di singolare del 2016. US open da dimenticare e poi, al torneo ATP 250 di Mosca, approfittando del buon umore per aver conseguito un’insperata finale, qualche giornalista si azzarderà a chiedergli un bilancio sull’annata in conclusione; lui asserirà che sì, i rimpianti ci sono stati ma, alla fine, ciò che conta è esser rimasti sé stessi. Beh, se lo dice lui, contenti tutti. Ma in totale, il taggiasco, che nel maggio prossimo spegnerà la trenta candeline, archivierà il 2016 collezionando nove sconfitte al primo turno ed otto al secondo.
Per trovare un’altra stagione così scarna di soddisfazioni, bisogna ritornare a quasi cinque anni fa. Nel 2012 però, Josè Perlas aveva iniziato da pochi mesi a lavorare assieme all’azzurro, anche se già si potevano intravedere i primi frutti di una bella collaborazione agli albori. Nello stesso – non ottimo – 2015 l’ex numero 13 del mondo aveva collezionato un terzo turno a Roma, cinque quarti di finale e due finali, ad Amburgo e Rio De Janeiro. Inoltre, aveva raggiunto gli ottavi di finale a New York battendo Rafael Nadal, in una delle partite più avvincenti del torneo. E ad inizio anno c’era stato anche l’importante trionfo nel doppio agli Australian Open, in coppia con l’amico Simone Bolelli.
Sembravano passati secoli dall’allora Master Series di Montreal del 2007, quando un giovane Fognini incontrava per la prima volta in carriera un ingiocabile Roger Federer, cimentandosi in una brutta prova, tra saltelli da una parte all’altra del campo, sguardo basso e lanci di palle steccate a destra e sinistra. Del resto, era il Federer migliore. Ma in fondo il giocatore nato a Sanremo nel 1987 è cresciuto moltissimo sul piano del gioco in tutti questi anni, per merito suo e del suo team.
Il fatto che le strade con Josè Perlas si siano definitivamente divise, sembra suggerire che Fabio stia cercando una scossa, attraverso magari uno stravolgimento del team e delle sue abitudini consolidate. Chissà, magari è convinto che non avessero una parte secondaria nei suoi problemi. Anche se bisogna ricordare che Perlas era riuscito dove nessun altro si era mai avvicinato, portandolo al best ranking di numero 13 ATP nel 2014.
Con Franco Davin, altro tecnico di lungo corso, Fabio è tornato a lavorare sulla preparazione atletica come non faceva da tempo.
Doveva essere un nuovo Fognini quello apparso in Australia in questi giorni, con nuovo look e outifit. Ma il ligure non ha abbandonato il suo classico stile di condotta sul campo; così anche oggi a Sidney ha avuto modo di esibirsi negli ormai celebri siparietti, tra racchette scagliate a terra e qualche insulto all’arbitro.
Eppure Fognini lo sa bene: questa sarà la stagione che decreterà il suo futuro prossimo. Precipitato ai margini della top50,il neo sposo di Flavia Pennetta o riesce a scalare il ranking togliendosi un’ultima grande soddisfazione, come un importante trofeo sulla terra rossa o qualche scalpo eccellente; oppure dovrà rassegnarsi, chissà se ne avrà voglia, a rifugiarsi nei Challenger, e a giocare le qualificazioni nei maggiori Master 1000.
Al di là di matrimoni, scosse, cambiamenti e mattane rimane che, alla fine, questo dipende solo ed esclusivamente da lui.
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