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Giorgi vs FIT: come si è arrivati alla guerra

Giorgi e FIT, storia di un rapporto complicato, più vicino a una convivenza forzata che a un amore mai sbocciato. Le strade delle due parti in causa si incrociano nel 2013, quando dopo tanto girovagare papà Sergio trova l’accordo per fare del centro tecnico di Tirrenia la nuova base operativa per gli allenamenti della figlia. In cambio la FIT si prodiga in un prestito d’onore e altri incentivi economici e non – i cui dettagli non sono mai stati rivelati – a patto che Camila risponda sempre “presente” alle chiamate di capitan Barazzutti per le sfide di Fed Cup.

Gli inizi e le prime crepe

Un accordo conveniente per tutti insomma: da un lato i Giorgi trovano sostegno economico e tecnico, dall’altro la federazione si assicura quella che dovrebbe essere la tennista azzurra di punta per un futuro non troppo lontano vista l’avanzata età di Pennetta, Schiavone e Vinci, tutte over 30, e la mancanza di giovani di prospettiva. Camila entra così ufficialmente a far parte della squadra italiana e fa il suo esordio nella vittoriosa trasferta di Cleveland nel febbraio 2014, contribuendo al successo con un netto 6-2 6-1 a Madison Keys.

Con la maglia azzurra totalizza in totale otto presenze con un bilancio di tre vittorie e cinque sconfitte, nel frattempo arrivano anche le prime finali nel circuito WTA e nell’estate 2015, a Hertogenbosch il primo – e fin qui unico – titolo della carriera.
Ma l’idillio con la FIT, ammesso che si possa definire così, è destinato a finire. Il rapporto tra papà Sergio e i vertici federali non è dei migliori e nel febbraio 2016 la corda inizia a sfilacciarsi: nella trasferta di Marsiglia l’Italia va KO, Camila vince il primo singolare contro Mladenovic ma crolla contro Garcia. Si vocifera di un duro faccia a faccia tra Sergio Giorgi e Francesca Schiavone, oltre a discussioni non proprio placide con altri elementi dello staff azzurro, tra cui lo stesso capitano Barazzutti.

Punto di rottura

La situazione precipita quando Camila si cancella dall’entry list del torneo di Istanbul per iscriversi alle qualificazioni di Stoccarda, in programma proprio nello stesso weekend in cui l’Italia di Fed Cup è chiamata a giocarsi la permanenza nel World Group nella trasferta spagnola di Leida. Il 31 marzo sul sito ufficiale della giocatrice appare una nota breve ma diretta: “Camila Giorgi ed il suo staff comunicano che in data odierna si è giunti all’interruzione dei rapporti con la FIT, che agirà come a suo tempo fatto con Simone Bolelli. Camila non parteciperà dunque alla Fed Cup, ma disputerà le qualificazioni del torneo di Stoccarda”.

Nessun pesce d’aprile anticipato, ma la conferma che la rottura è totale. Il comunicato arriva subito dopo il confronto tra i Giorgi e i rappresentanti FIT Sergio Palmieri e Roberto Pellegrini, che evidentemente non va a buon fine. Sergio e Camila chiedono di essere esentati dalla trasferta di Leida venendo meno a un vincolo contrattuale, sottolineando come questo sia stato concesso in passato alle altre giocatrici, che però potevano vantare un decisivo contributo alla conquista di quattro Fed Cup. La FIT vuol far valere l’accordo sottoscritto e così è muro contro muro.

Il precedente Bolelli

Nella stringata nota pubblicata sul sito della Giorgi si fa riferimento al caso Bolelli: nel 2008 il giocatore azzurro, in accordo con il coach di allora Pistolesi, chiese di non venire convocato per la sfida Italia-Lettonia di Coppa Davis. Il bolognese non fu accontentato e nonostante la chiamata decise di rifiutare optando per il torneo di Bangkok, scatenando le ire dei vertici federali e dando inizio a una velenosa polemica che si concluse un anno più tardi, con la revoca della sospensione e con una pena riabilitativa consistente in una giornata da trascorrere in compagnia dei ragazzi del Tc Aquila, città colpita in quel periodo da un terribile sisma.

Botta e risposta al veleno

Il caso è ormai esploso. In un’intervista al “Messaggero”, Sergio Palmieri si esprime duramente su Sergio Giorgi: “Camila è vittima di un padre invadente che la esaspera, sono deluso perché davanti a noi c’è una persona che non fa mai autocritica. Quando firmi un accordo il tuo primo compito è rispettarlo, ma secondo me quel contratto non lo ha letto neppure per intero. Le esenzioni a Vinci, Schiavone, Errani o Pennetta sono state accordate a giocatrici che hanno dato tanto al tennis italiano. Dire no alla maglia azzurra a 24 anni equivale a chiudere con un ambiente che può aiutarla a crescere”.
Poco dopo, sullo stesso quotidiano, arriva la replica di Sergio Giorgi: “Io ho perso una figlia: saltare le Olimpiadi o pagare 300mila euro di multa per me sono solo cavolate. L’importante è che Camila sia serena e io faccio tutto ciò che mi è possibile perché stia bene. Le parole di Palmieri?  Io ho portato senza un soldo una ragazzina al numero 30 del mondo con un livello di gioco altissimo e con un potenziale che purtroppo è ancora in parte inespresso per colpa di problemi extra-campo. Loro quanti maestri hanno? Mille? Duemila? Allora come mai Burnett, Caregaro e compagnia non emergono?”. Infine, durante la conferenza stampa di presentazione degli Internazionali d’Italia arrivano le parole del presidente FIT Angelo Binaghi: “Il caso Camila Giorgi è più da telefono azzurro che tecnico-sportivo, fin da quando il padre della Giorgi è venuto qui con la ragazzina giovane per chiedermi 300.000 euro di prestito noi abbiamo capito sin dall’inizio di che persona si trattasse. Abbiamo appena inviato ieri una lettera alla Giorgi nella quale diciamo di renderci 160 mila euro, anche se penso non lo farà”.

Gli ultimi sviluppi e la sentenza

La battaglia dunque si sposta in tribunale, nel frattempo a ottobre Sergio Giorgi rilascia un’intervista a Sportface.it in cui si dice possibilista su un ritorno di Camila in nazionale, nonostante il contenzioso ancora in atto. A inizio 2017 Tathiana Garbin, nuovo capitano della squadra di Fed Cup, tende la mano alla maceratese: “Voglio vederla a Melbourne e farci quattro chiacchiere, tutti i problemi si possono risolvere”. Binaghi però resta sulle sue posizioni: “Per noi è un capitolo assolutamente chiuso, nel senso che ci sono stati degli accordi ben precisi che sono stati violati in maniera unilaterale dalla giocatrice, che ha dimostrato di non avere i principi morali ed etici che noi chiediamo ai nostri giocatori. Quindi siamo due razze diverse. Ne prendiamo atto”.

E si arriva così all’ultimo atto, con la sentenza del Tribunale federale che squalifica Camila Giorgi per 9 mesi con annessa multa di 30.000 euro. Uno stop valido per tutte le attività che si svolgono sotto l’egida della FIT e quindi non dovrebbe avere particolari effetti sui programmi della tennista – il padre Sergio aveva già annunciato che comunque non avrebbe giocato a Roma – ma che ha un forte valore simbolico: il braccio di ferro tra le due parti appare ben lontano dal concludersi. E adesso aspettiamo il prossimo capitolo di una storia che difficilmente avrà un lieto fine.

Piero Vassallo

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