D’accordo, il lasso temporale era più breve di quello di Federer. Di più, a differenza di Roger, era l’ennesimo. Di cosa stiamo parlando? Del ritorno di Rafael Nadal. Ogni amante del tennis era a conoscenza del fatto che il maiorchino fosse fuori da ottobre e, se non fosse stato per quel tale svizzero, che tutto catalizza dal primo di gennaio, certamente avremmo avuto riflettori ben più luminosi sul rientro in campo dello spagnolo.
A guardare le statistiche, sarebbe stato anche giusto: stiamo parlando di un signore che ha vinto 14 slam, 9 Roland Garros, numero uno del mondo per 141 settimane, il più forte di tutti i tempi sul rosso, indiscutibilmente, e bestia nera certificata del suddetto svizzero. Insomma dati più che sufficienti per essere al centro della scena, aggiungendo anche che sicuramente è il secondo giocatore con più tifosi nel pianeta, ergo personaggio da mass media garantito.
Non che le notizie siano mancate. Tutto il mondo del tennis sa che lo spagnolo ha preso nella sua scuderia Carlos Moya e per un paio di partite al torneo di Brisbane qualcuno ha parlato, addirittura, di un Nadal in forma strepitosa (sconfitto poi da Raonic in rimonta) anche se forse ci sarebbe da domandarsi se stessero seguendo la replica di una partita di qualche stagione precedente.
L’enfasi di questi titoli sarebbe stata persino maggiore senza il ritorno di Federer, ma è anche giustificata da quello che stiamo vedendo? Reggono, ad una semplice prova dei fatti? O si dovrebbe fare a Nadal una domanda di questo tipo: “Caro Rafa, quand’è che rimandi tuo fratello gemello, quello che era quasi imbattibile, sui campi?”
Senza voler essere crudeli, se si è persa qualche ora, in questi anni, a guardare Nadal, non si può negare che lo spagnolo sia lontano anni luce dal giocatore che fu.
In primo luogo non si può non osservare la velocità delle gambe, passata dalla cavalleria di un’auto sportiva a una buona berlina. D’accordo una buona berlina, ma un’auto sportiva è, appunto un’altra cosa, specie per chi pareva coprire il campo in quattro balzi.
Passiamo poi al colpo fondamentale del maiorchino, il diritto: lo spin è diminuito con chiara evidenza – altrimenti non si spiega come giocatori che in precedenza soffrivano il suo rimbalzo ora vi si appoggino comodamente – e la profondità è carente di almeno un buon metro. Non mancano le eccezioni, stiamo pur sempre parlando di un campione e dal cilindro qualche coniglio degno di nota esce sempre; ma la media del colpo pare assestata su questo nuovo, inferiore, livello.
Ultimo, non per importanza, il fattore grinta. Quella che prima sembrava una tigre ogni volta che i suoi piedi calcavano il campo ora ha più lo sguardo tendente al cagnolino da salotto. Osservate Nadal con cura, il volto sembra tendente allo spaventato, manca del fuoco e le sue stesse dichiarazioni di qualche giorno fa lo confermano: “Se sto bene posso vincere uno slam”. Ora, non è certo una dichiarazione da fulmine di guerra, no? A inizio stagione, da un campione di tale calibro ci si aspetterebbe, almeno, un indicativo presente. Di più, è ormai un po’ di tempo che il tennista spagnolo torna ai box per curare vari infortuni e parole così non solo fanno dubitare sul suo reale stato di forma e sulle sue certezze, ma non sembrano certo in grado di spaventare i primi della classe, rimettendo sul piatto la questione se il suo fisico non sia ormai logoro irrimediabilmente, considerato il suo tennis.
Insomma, allo stesso modo che per Federer, per il quale avevamo utilizzato la metafora musicale di un gruppo che torna ad incidere dopo un po’ di tempo rischiando di essere soltanto la controfigura di se stesso, anche qui possiamo dire che, salvo clamorose smentite, che si corra lo stesso rischio. È vero, non bisogna mai dimenticare che i giocatori di oggi sono anche dei prodotti commerciali e che firmano contratti di sponsor che spesso vanno oltre un limite temporale ragionevole sulle loro carriere e quindi sorge davvero il dubbio che quando comincia la discesa siano più queste condizioni a portarli in campo che altro. Con Nadal questo dubbio è accompagnato da un po’ di malinconia. Perché, piaccia o non piaccia, il vero Nadal faceva bene al cuore e al tennis, e questa sua controfigura fa quasi tenerezza vederla in campo.
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