Ci sarà anche Danielle Collins al via della prossima stagione tennistica. La statunitense, che concluderà il 2024 in top-10 dopo gli ottimi risultati della prima parte di stagione, prenderà parte con la maglia degli Stati Uniti alla United Cup che inaugurerà l’anno nuovo tra Sydney e Perth. La notizia è che la finalista dell’Australian Open […]
06 Dic 2016 10:55 - Commenti
La globalizzazione della Top 10
Dieci nazioni in top 10, cosa mai vista da quando esiste il computer. Ma non siamo pronti ad un tennis senza Federer
di Redazione
Con le ATP World Tour Finals e la vittoria dell’Argentina in Coppa Davis si è conclusa la stagione tennistica 2016. E come da tradizione prima di volare nuovamente in Australia alla ricerca di nuove avventure, stiliamo un consueto bilancio di quest’ anno appena trascorso tra conferme, promesse non mantenute, colpi di scena e buoni propositi per il futuro.
Per la prima volta nella storia dell’ Emirates ATP Rankings dal 1973 ci sono dieci differenti paesi rappresentati nella top ten di fine anno segno che il nuovo millennio ha rivoluzionato la geografia del tennis tanto da trasformarlo da sport di nicchia a fenomeno globale. Dalla celebrata consacrazione del campione scozzese Andy Murray a giocatori che entrano per la prima volta a far parte dell’ élite del tennis mondiale scrivendo in modo indelebile il proprio nome nella storia del nostro sport. Sorprende in positivo la vertiginosa crescita e maturità del giovane stacanovista Dominic Thiem e la concretezza del gioco stravagante e mai banale di un Gael Monfils che, all’alba dei trent’anni, riesce a mettere insieme la sua miglior stagione.
C’è chi come Milos Raonic centra il suo best ranking terminando sul podio alla continua ricerca del primo major in carriera che tarda ad arrivare, e un Marin Cilic che, dopo la debacle post US Open 2014, torna con un finale di stagione da protagonista raggiungendo la posizione n° 6 per scacciare le voci di chi lo dipingeva come il più scarso vincitore Slam dell’era open.
Infine troviamo gli ormai noti Nishikori, Berdych e soprattutto Wawrinka che per il terzo anno di fila riesce a conquistare un torneo dello Slam inanellando due settimane di gloria a New York.
Però come spesso accade sono gli assenti che fanno parlare di sé e anche in questo caso non possiamo chiudere gli occhi di fronte all’ assenza dello svizzero più titolato, un Roger Federer ritiratosi anzitempo dai campi di gioco alla vigilia delle Olimpiadi di Rio 2016 per problemi a un ginocchio e sceso fino alla posizione n°16 del ranking. La stessa sorte è toccata a Rafael Nadal alle prese con un infortunio al polso e una condizione fisica non ottimale. Il tennista maiorchino ha chiuso in nona posizione una stagione priva di soddisfazioni all’infuori della medaglia d’oro olimpica vinta in doppio per la sua Spagna. Entrambi hanno pensato che sarebbe stato meglio riposarsi, rimettersi in forma e tornare a competere nel 2017.
L’era dei Fab Four forse è finita. Il “prima” lo conosciamo con il duello tra la grinta spagnola e la grazia elvetica a spartirsi Roland Garros e Wimbledon a forza di dritti in top e rovesci in back fino a quando l’uno ha prevalso sull’altro in terra nemica. Il “dopo” è incerto, ma il nuovo duo classe ’87 cercherà di infrangere i record dei loro predecessori tra finali da spartirsi e protagonisti inattesi. E magari un giorno non troppo lontano, potremmo rileggere nelle semifinali di un tabellone Slam – Federer Nadal Djokovic Murray – perché in fondo speriamo che una Top Ten without Fab Four sia solo passeggera e non simboleggi realmente la fine di un’era.
Francesca Amidei