di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
TENNIS – QUIET PLEASE! – Di ROSSANA CAPOBIANCO – Wimbledon non è mai stato un torneo sbagliato per Roger Federer, nemmeno nei giorni delle delusioni più cocenti, nemmeno nel 2013 contro Stakhowsky ma a Wimbledon Roger Federer non è mai arrivato così impreparato e senza fiducia e forma tennistica e fisica. Almeno non negli anni 2000. Cosa aspettarsi?
Quando finalmente gli riesce un bel punto, quando riesce a mettere il dritto dove vuole o a sfoderare una strenua difesa vincente in un momento importante, guardate il suo volto: non è cattivo, non è determinato, non è cannibale. E’ sollevato. E onestamente, chi può dargli torto oggi, dopo una stagione del genere?
Roger Federer non è abituato a sentirsi così incerto, così insicuro sulle proprie possibilità: quantomeno, non a Wimbledon. Non alle porte del torneo dove se c’è ancora una minuscola speranza di vincere uno Slam è racchiusa lì, tra i prestigiosi cancelli dell’All England Club. E invece è proprio la sua sensazione, in questo momento. Traspare in ogni intervista, nello sforzo di rimanere impassibile durante un match tra una prima che non entra o una cattiva giornata alla risposta. Lui lo sa, dov’è la ruggine, quanto tempo ci vuole a farla sparire: sa che il tennis vive soprattutto di fiducia e nel 2016 non ha mai vinto. Non ha quasi mai giocato, a dire il vero.
“Avrei preferito che la stagione su erba iniziasse un mese dopo, quest’anno”. Parole chiare, anche giustificate. Non è che non ci proverà, non è che giocherà come se non conoscesse la superficie o avesse perso la sua classe. Ma come sempre tutti da lui si aspettano tanto. Troppo, specie adesso.
Da Stoccarda ad Halle i progressi si sono viste e come ha giustamente affermato, le sconfitte che sono arrivate erano evitabili, soprattutto la prima contro Thiem, con due matchpoint. Però sono arrivate e qui occorre aprire una parentesi piuttosto importante: il tennis di Federer si basa ancora più di altri sulle sensazioni e sull’esplosività, specie quello degli ultimi anni; per attaccare occorre sentirsi tennisticamente in fuducia, avere i riflessi ben centrati e un’esplosività fisica che in questo momento a Federer manca: l’operazione al ginocchio prima e l’infortunio grave alla schiena poi (arrivato per la tendenza conservativa e di scompenso proprio a causa del ginocchio) lo hanno fermato nella preparazione, ne hanno indebolito i muscoli. Ha dovuto poi recuperare in fretta e il lavoro è ancora a poco più di metà percorso.
“Alla finale di Wimbledon mancano ancora tre settimane”, afferma Roger, che ci crede perché è abituato a crederci, a guardare in prospettiva, a sperare nel meglio del meglio, a progettarsi in tal senso. Poi però, viene fuori il realismo da professionista saggio e consapevole: “Sappiamo però quanto siano pericolosi i primi turni, specie sull’erba”. Forse l’erba è infatti la superficie peggiore per acquistare fiducia: bastano davvero due o tre decisioni sbagliate, un episodio sfavorevole, un dritto che esce di poco e quando non sei al tuo meglio, tutto ciò può fare la differenza.
Probabilmente vedremo un Federer alla ricerca della solidità, che non vorrà rischiare troppo: peggio, potremmo vederlo confuso sulle strategie da usare e questo potrebbe costargli caro contro avversari che ci crederanno.
Di certo non vedremo un Federer al meglio. I fenomeni come lui “non credono ai miracoli ma li sanno fare”. Sarebbe proprio un’impresa epica però. Anche confermare le ultime due finali a Wimbledon.