di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
ROMA – Qualche collega, parlando del più e del meno durante la partita tra Federer e Thiem, ha detto: “Contro Roger non vorrei giocare nemmeno se fosse costretto a stare seduto su una sedia in mezzo al campo”. Adesso, esagerando un pochetto, è esattamente quello che è successo oggi allo svizzero contro il giovane e bravissimo austriaco (inciso: secondo chi vi scrive, non è un fenomeno, ma sicuramente il braccio ce l’ha). Federer già ieri aveva detto di non essere sicuro di giocare oggi, e alla fine ci ha provato. E ha avuto pure delle occasioni durante il primo set, andando avanti persino di un break prima di perderlo al tie. Tutto questo giocando, come ha detto più volte Paolo Bertolucci in telecronaca, sulle uova. Faceva i movimenti base, sempre con timore. Inutile insistere su questo punto, chiunque abbia visto la partita ( e abbia un po’ di onestà intellettuale da ammetterlo) se n’è reso benissimo conto.
E ovviamente anche Federer si è accorto della sua “immobilità”, che ricorda per certi versi, in maniera funesta, quella del 2013. Forse non a quel livello ma è chiaro che qualcosa nella schiena non va. Un problema che nasce dall’infortunio al ginocchio. Chiunque abbia sofferto di un problema a questa articolazione saprà che non provoca solo dei disagi nella parte direttamente infortunata, ma anche altrove. Il corpo, semplicemente, essendo una macchina superiore a qualsiasi cosa mai concepita, ad un certo punto si “equilibra” da solo, senza quasi che il soggetto se ne renda conto. Succede pero’ che equilibrandosi per non gravare sulla parte infortunata, finisca per “far danno” a qualcos’altro. Nel caso di Federer, quel “qualcos’altro” è la schiena. Dunque, come ha spiegato lui stesso e anche Ljubicic, il malessere fisico nasce da quell’infortunio rimediato, dice lui, giocando con le figliolette.
Adesso, nessuno conosce i tempi di recupero totale. Non lo sa lui, non lo sappiamo noi, non lo sanno i dottori. Federer stesso ha detto che “non sente il corpo completamente a posto”. Chiaro, non potrebbe perchè non lo è. Dunque, cosa fare? Aspettare, semplicemente aspettare, sperando che il tutto vada meglio. Lo svizzero tra l’altro è un tipo incapace di giocare sul dolore: troppo sensibile, troppo “umano”, non lo so.
Nello “aspettare”, pero’, c’è di mezzo Parigi. La domanda ha: davvero ha senso, per Federer, affrontare un torneo duro, terribilmente duro, dal punto di vista fisico e mentale, come lo slam parigino? Tre set su cinque sulla terra battuta, con nessuna, proprio nessuna, speranza di vincere? Non sarebbe più sensato, da parte dello svizzero, saltare il Roland Garros per recuperare (o quantomeno cercare di farlo) al meglio per poi concentrarsi sulla stagione sull’erba (Stoccarda, Halle e ovviamente Wimbledon) per arrivare al meglio sulla sua superficie preferita e forse nell’unico slam dove ha ancora qualche concreta possibilità di vittoria?
Ci sono i pro e i contro. Recuperare e riposarsi va bene, con l’opportunità di arrivare fresco e in forma (ha giocato pochissimo in questo 2016), senza rischiare di peggiorare le cose a livello fisico (è molto bravo a controllare i movimenti, ma la casualità è comunque dietro l’angolo) ma è anche vero che arriverebbe (proprio per aver disputato poche partite) senza ritmo e non in fiducia. Se poi a Stoccarda e ad Halle arrivassero sconfitte premature, la frittata sarebbe completa e arriverebbe a Londra demoralizzato e con poco feeling. Inoltre, c’è un altro aspetto, puramente statistico: Federer è arrivato a 65 slam consecutivi, un’enormità, e lui ci tiene a continuare questa striscia. E ha già detto che a Parigi ci sarà. Dunque, tutto ciò che c’è scritto sono considerazioni da addetto ai lavori, e non una notizia o un dubbio sulla presenza di Roger a Parigi. Giusta o sbagliata che sia, ci mancherebbe.