Il mondo down-under / Nicole Gibbs, dalla crisi alla qualificazione all'Australian Open: «Ho imparato ad amarmi di più»

TENNIS – Dal nostro inviato a Melbourne Diego Barbiani

La storia probabilmente più bella di questa ultima giornata di qualificazioni arriva dal tabellone femminile, con la statunitense Nicole Gibbs che è riuscita a qualificarsi per il main draw dell’Australian Open.

Tre vittorie una più bella dell’altra, le ultime due contro due rivali molto in palla e giovani come la croata Jana Fett e la serba Ivana Jorovic. Per capire però il motivo per cui indichiamo questa come “storia del giorno” bisogna risalire ai primissimi giorni di dicembre, dopo la sua prima finale WTA a Carlsbad, categoria WTA 125k dove perse da Yanina Wickmayer. Scrisse un tweet che poi è stato ripreso anche da Sport Illustrated, e raccontava cosa era stato per lei il 2015

“Let me tell you a little bit about 2015.
Of the 29 tournaments I competed in this year, I lost 15 first rounds.
I got into an event as a lucky loser for the first time in my career, and I lost 0 and 0.
My ranking dropped from a career high 84 in February to 154 by August.
At one point, I had lost a career worst 6 matches in a row.
I lost to 11 lower ranked players.
I reached three finals, and I lost in all three.
I played for a World Team Tennis team, and I was replaced by a better player for the end of the season and playoffs.
I played a match where I led 6-1 5-3 40-0 serving, and I lost.
My end-of-the-year record was one win shy of .500 at 29:30. At one stage in my season, my record was 11:24.
I cried and swore I would quit tennis at least 20 times.
I worked with 4 different coaches and played with 2 different racquets.
I broke at least 8 of those racquets. Sorry, Wilson…
After the US Open, I returned to the challengers to rediscover some form, and I did regain confidence. I collected a lot of wins and some substantial points that will allow me to climb to a year end ranking of 109 or so.
This ranking will likely see me miss the Australian Open cut by just a few spots.
“Ever tried? Ever failed? No matter. Try again. Fail again. Fail better.”
With absolutely no irony intended, I cannot wait to start my 2016 campaign. Onwards and upwards. ‪#‎striveforgreatness‬ ‪#‎allworthit‬” 

Nicole aveva vissuto un anno pessimo sotto tutti i punti di vista. Dalle quindici sconfitte al primo turno, il ranking crollato da 84 (migliore in carriera) a 154 in pochi mesi, la consapevolezza di non essere utile neppure alla squadra del World Team Tennis, campionato a squadre che si disputa negli Stati Uniti, dove Gibbs è rimasta in panchina nelle ultime gare perché sostituita da una migliore di lei. Ha passato giornate intere a piangere, ad imprecare ed a giurare di smettere di giocare, poi allo US Open la prima scintilla: la vittoria contro Lourdes Dominguez Lino al primo turno, rimontando da 1-4 e servizio per la spagnola nel terzo. «Sì quel match mi diede un po’ di carica, ma la verità è che da dopo quello US Open è come se avessi ricominciato da zero».

Ed è vero, perché la statunitense ora è un’altra giocatrice. Anche il suo allenatore, Roger Smith (ex di Sloane Stephens), lo ripeteva: «E’ una ragazza eccezionale perché da quando abbiamo cominciato a lavorare mette sempre tutto in campo, non tira mai il fiato e vuole solo migliorarsi. Ha capito che può farlo, ha capito che se voleva uscire da quel vortice negativo doveva essere lei a fare il primo passo. Io posso metterci l’impegno, ma se lei fosse rimasta in quella fase ci sarebbe stato poco da fare».

Lo scorso anno, a Parigi, perse al primo turno da Alexandra Dulgheru. «Sì ma non vale, quel giorno sono stata inguardabile!» diceva, non trattenendo le risate. Ed ha tutte le ragioni di questo mondo. Gibbs prima era eccessivamente rinunciataria, giocando lo scambio quasi da subito in posizione di difesa, ora prende rischi con ogni colpo. Di rovescio, tra l’altro, ha giocato diversi vincenti dal centro del campo subito dopo il servizio. No, questa non è la stessa giocatrice che c’era qualche mese fa. Allora cosa è cambiato?

«Tutto! Dal coach, allo staff, alle persone che mi stavano intorno. Roger mi sta dando una mano enorme ad adattare questo tipo di gioco a quella che sono io. Sembra banale, ma prima non lo facevo mai. Ora prendo più rischi, però sono anche molto più incisiva. Alla fine è anche questione di fiducia: dopo aver vinto un po’ di partite ho visto che la cosa non era poi così male ed ora lo sto facendo sempre più mio».

Oggi Nicole ha sofferto solo nel secondo set quando è scivolata indietro di due break. In un battibaleno è rientrata sul 3-3, ha salvato un game da 15-40, ha vinto un game in risposta (da 40-15) ed ha chiuso per 6-3 6-3. «Lei in quella fase iniziale del terzo ha avuto una reazione molto forte, io però non sono crollata. Forse in un eventuale terzo set sarebbe stato tutto più difficile…» e non lasciarsi andare in quella fase, dopo un primo set dominato con appena due punti concessi al servizio indica tutti i progressi fatti negli ultimi tre mesi. «Se non altro avevo capito una cosa: fosse riuscita a vincere, io non avrei avuto rimpianti».

Ma quanto lavoro mentale c’è dietro a tutto ciò? In fondo non è facile buttare alle spalle otto mesi di sole delusioni. «No, non è facile per niente. Sai cosa vuol dire ripartire da zero, vero? Alla fine l’idea è quella. Ero senza più voglia, mi chiedevo cosa andavo a fare in campo per uscirne ancora più distrutta. Poi come dicevo ho cambiato coach ed ho cominciato a recuperare fiducia in me stessa. Roger mi è sempre stato dietro, lavorando tanto sull’aspetto mentale soprattutto nel primo periodo». Alla domanda se intende fissarsi un obiettivo per il 2016, nonostante provenga da un anno così difficile ed abbia subito precisato di voler pensare per prima cosa a migliorare il suo tennis, si è lasciata scappare: «Se riuscissi a continuare così, potrei anche avvicinarmi alla top-50. Se non altro, come sono venuta fuori da questa vicenda mi ha poi dato la possibilità di imparare ad amarmi un po’ di più». Non solo se stessa, ma anche il suo lavoro a giudicare da questo tweet.

 

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