Challenge Round. McEnroe, tra vecchi colleghi e nuovi talenti

TENNIS – DI FABRIZIO FIDECARO – Pensieri e parole di John McEnroe, mattatore de “La Grande Sfida”, il torneo italiano dell’Atp Champions Tour. L’ex “supermoccioso” non lesina complimenti a Djokovic e a Federer. E su Kyrgios…

John McEnroe. Basta pronunciare il suo nome per suscitare un’emozione immediata negli appassionati, di vecchia data e non. Nello scorso weekend abbiamo potuto ammirarlo all’opera nella quarta edizione de “La Grande Sfida”, rivelatasi un indubbio successo, con migliaia di spettatori a seguire le gesta dei fuoriclasse d’antan sugli spalti del Palaolimpia di Verona e del Palapanini di Modena. A trionfare nell’evento italiano dell’Atp Champions Tour è stato proprio lui, Big Mac, il più anziano dei quattro partecipanti, capace di mettersi alle spalle, nell’ordine, Sergi Bruguera, Mats Wilander e Henri Leconte.

L’americano ha incantato ancora una volta la platea, mostrando, oltre al ben noto talento cristallino, un fisico assai tirato, forse persino più di quando era ancora in piena attività. Chissà, probabilmente il ragazzaccio nato a Wiesbaden avrebbe potuto vincere più dei sette Slam che si ritrova in bacheca se avesse avuto maggiore disciplina nel corso della sua carriera professionistica. Di certo Mac non ha nascosto la meraviglia per quanto stanno realizzando attualmente Novak Djokovic e Roger Federer, recentissimi protagonisti anche alle Atp World Tour Finals di Londra.

«Sono in totale stupore per quanto Novak sia stato consistente quest’anno, a un livello così alto», ha ammesso il mancino statunitense. «Dai miei ricordi personali, dei tempi in cui provavo a vincere i grandi tornei e a essere il migliore, ho ben chiaro quanto fosse difficile essere così solidi e avere un tale dominio su tutti gli avversari dal punto di vista mentale».

«Anche Roger mi ha stupito», ha proseguito John, «perché il mio picco di rendimento è arrivato quando avevo venticinque anni. Questo ragazzo ne ha trentaquattro, e sembra stare meglio che mai. Così viene naturale che mi chieda: “dove diavolo ho sbagliato?”. Be’, in un sacco di cose, a quanto pare…». In effetti, McEnroe si aggiudicò il suo ultimo Major agli US Open del 1984, appunto 25enne. Dodici mesi più tardi perse la finale newyorkese con Ivan Lendl, cui cedette il primato nel ranking mondiale (che non avrebbe più riconquistato), e da allora non raggiunse più alcun altro match clou in uno Slam.

Va detto, però, che erano altri tempi, in cui capitava di vincere grandi titoli a diciassette anni (Michael Chang, Boris Becker, Mats Wilander) e di ritirarsi, in sostanza, a venticinque o poco più (Bjorn Borg). Oggi, come si evince facilmente da qualsiasi statistica, l’età media dei big si è decisamente innalzata. Fin troppo, per la verità, tanto da suscitare qualche preoccupazione persino nello stesso Mac per quanto concerne il ricambio generazionale. «Roger sta costringendo gli altri a migliorare, e credo sia una buona cosa», ha spiegato lui a Modena. «Allo stesso tempo, però, sono in attesa di vedere chi dei nuovi volti riuscirà finalmente a spezzare questa egemonia».

Magari Nick Kyrgios, che Mac si è detto disposto ad aiutare in prima persona nella scalata al vertice? «Pensavo che a questo punto sarebbe stato molto più in alto», ha dichiarato il tre volte campione di Wimbledon. «Dovrebbe essere fra i top five, e invece ho l’impressione che stia procedendo nella direzione sbagliata. Ha bisogno di brave persone intorno a lui. Mi piacerebbe aiutarlo in qualche modo. Se potessi farlo sarebbe fantastico, ma se dovesse occuparsene qualcun altro andrà bene lo stesso». E se fossimo alla vigilia della nascita di un sodalizio tra “bad boys” di epoche diverse?

 

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