Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede […]
TENNIS – QUIET PLEASE! – Di ROSSANA CAPOBIANCO – Gli spalti vuoti tra Shanghai, Shenzhen, i primi turni a Pechino: l’ATP e la WTA hanno investito molto in Asia negli ultimi anni, attraverso chiari vantaggiosi contratti economici: è stato un bene per il tennis? La sua immagine ne ha davvero guadagnato?
Sono le mattine post-sbornia da Slam, dopo la Davis dalla quale hai spremuto l’ultimo goccio, prima di aspettare l’autunno che in Italia e in Europa vuol dire mattine di tennis, per chi non può farne a meno.
Hai voglia di tennis, hai voglia anche di quello mezzo sconosciuto, quello che in qualche modo conferma la tua dipendenza da questo sport: e così prima di andare a lavoro o approfittando di un giorno a casa, anche nel fine settimana, ti attacchi alla TV. C’è il calcio, certo. C’è la Formula uno, le serie TV, i film… ma uno sguardo a una partita di tennis che stanno trasmettendo non lo vuoi dare?
E allora guardi, un po’ assonnata mentre sorseggi il caffè forte che dovrebbe svegliarti e invece a svegliarti sono quegli spalti vuoti; quell’entusiasmo nullo. Ma come mai? Sì, il tennis è uno sport “nuovo”, ancora da scoprire, tra Tashkent, Tianjin, Hong Kong, Pechino, Shenzhen, Wuhan, Seoul, Guangzhou, ma quanti sono?
C’è l’eccezione Tokyo e in qualche modo Shanghai, che essendo un MS1000 con i big si riempie un po’ di più; ma i primi turni sono comunque tristi e ingiustificabili.
Il massiccio investimento di ATP e WTA in Asia è naturalmente comprensibile in termini economici, di sponsor, di promozione in un continente “vergine”, in questo senso. Tuttavia la risposta che in questi anni è arrivata non giustifica un continuo e successivo investimento, perché per quanto denaro possano dare e per quanto possa convenire all’inizio, a lungo termine non sembra essere un’idea di successo.
Le televisioni mostrano un pubblico nullo e/o per nulla “educato” al tennis, poco entusiasmo, quasi paragonabile a quello di Doha, dove si giocò uno dei più tristi Master femminili di fine anno. Ricordiamo ancora le scene degli sceicchi sui divani in tribuna mentre mangiano e bevono guardando donzelle battersi e sudare per un torneo in termini di punti prestigioso, dove si affronta solo l’elite del tennis.
Allora ci si chiede, malgrado le convenienze del caso e malgrado le comprensibili opere di promozione: non sarebbe meglio riportare, anche solo in parte, l’autunno del tennis, quello della sbornia post-Slam in luoghi dove il tennis ha una vera tradizione?