di Salvatore Sodano C’era un ragazzo che come me… amava i Beatles il Rock&Roll… e il tennis? Forse, ma scavando nel fotocatalogo dei vip, a disposizione nella banca dati, di Morandi tennista non c’è traccia. Allora? Cosa c’entra Morandi con il tennis, a parte le circostanze che spesso lo hanno visto esibirsi negli stadi del […]
TENNIS – QUIET PLEASE! – Di ROSSANA CAPOBIANCO – Fino alla domenica della finale, Novak Djokovic era considerato una macchina: una specie di robot moderno, flessibile ed elastico, adatto al tennis moderno più di chiunque altro (e per inciso, lo è ancora). Capace di lasciare da parte emozioni, delusioni, sbalzi d’umore al cospetto della voglia di vincere. Dopo le lacrime spontanee e non trattenute dovute alla standing ovation che il serbo ha ricevuto dal pubblico parigino, Nole ha mostrato le proprie debolezze, emozioni, la sua vulnerabilità.
Prima in partita, quando nonostante una caparbia lotta e difesa contro le bombe di Stan Wawrinka ha spaccato una racchetta e allargato le braccia, poi immerso nella delusione a bordo campo, mentre l’avversario incredulo andava ad abbracciare sugli spalti il proprio team.
Avrebbe voluto esserci lui, dopo aver battuto finalmente Nadal a Parigi, ad abbracciare la sua gente in tribuna, tutta lì per lui. In quelle lacrime ci sta anche l’incredulità di un giocatore che ha fatto di tutto (a volte anche troppo) per accattivarsi la simpatia dei vari appassionati, sgomitando tra Federer e Nadal, in un’epoca difficile per chi da terzo incomodo aspira ad arrivare primo. E quando primo lo è diventato, non abbastanza amato.
Quelle lacrime, quell’umanità spontanea e a stento trattenuta ha reso Novak Djokovic un campione di livello assoluto; non che prima non lo fosse, ma la definizione di campione passa anche per l’amore di chi il tennis lo segue e lo ama proprio come chi lo gioca ad altissimi livelli. E se un giocatore di alto livello non passa per sconfitte e delusioni per poi tramutarle in trionfi rincorsi, rimane nel cuore di pochi.
“Non credo che negli ultimi anni ci sia stato un giocatore che abbia voluto e sia riuscito a migliorarsi tanto quando Novak”, ha detto quest’anno Roger Federer, che lo rispetta moltissimo ma che amico proprio non è, ci ha tenuto a precisarlo anche Boris Becker, in cerca di prime pagine prima dell’uscita di un’altra autobiografia.
L’ambizione di Djokovic lo porterà quasi sicuramente a vincerlo, prima o poi, il Roland Garros e per gli spettatori, come anche per lui, sarà più bello perché più sofferto e cercato. Le cose facili si apprezzano sempre poco.
Quello che però Novak deve sicuramente migliorare, rispetto ai “mostri” che lo hanno preceduto e alla sua stessa resa nei MS1000 e altri tornei minori, sono i risultati nei tornei dello Slam. Sì, Djokovic è ancora giovane e probabilmente ne vincerà ancora tanti, però degli ultimi dieci Slam giocati (quindi negli ultimi tre anni) ne ha vinti “solo” tre, in un’età nella quale gli stessi Federer e Nadal ne vincevano di più. Naturalmente tutto ciò “stride” solo per il dominio che al momento Djokovic impone a livello maschile e per la sua dimensione tra i campioni di tutti i tempi.