Roland Garros. Schiavone, cronaca d'un match mai visto

TENNIS – ROLAND GARROS – DI ENZO CHERICI – Come si fa a fare la cronaca d’un match non visto? Impossibile, direte voi. Impossibile, confermo io.

E in effetti, a ben vedere, questo pezzo tutto è tranne che di cronaca pura. Oddio, in realtà non sarebbe neanche un commento vero e proprio, perché come diavolo fai a commentare qualcosa che non hai potuto vedere?

Ecco: potremmo definirlo, appunto,  “cronaca d’un match mai visto”!

Mai visto, ok, ma molto sentito. Talmente sentito che m’è sembrato di vederlo. In alcuni momenti, addirittura di giocarlo.

 

Ma facciamo un passo indietro, riavvolgiamo un attimino il nastro.

Causa questo maledetto/benedetto lavoro in Mali (è uno sporco lavoro, eccetera eccetera) non ho più molto tempo per seguire il tennis in TV e (ancora peggio) per scrivere di tennis.

Questo naturalmente non significa che io abbia smesso di seguirlo il tennis. Tutt’altro. Con il cuore e con la mente in questi giorni sono alla Porte d’Auteil, in corrispondenza d’amorosi sensi con il rosso torneo parigino.

Così, ieri mattina, prima di uscire di casa per andare a una riunione al ministero degli Esteri, do un’occhiata al programma della giornata. Nadal-Almagro, dio ce ne scampi e liberi. Djokovic-Mueller, sarebbe magari interessante sul veloce. Murray-Sousa, non sapevo neanche contro quale dei Joao giocasse Muzza!

Quasi rassegnato allora, butto lo sguardo ai match femminili. E subito l’occhio si illumina. Schiavone-Kuznetsova, eccolo il mio match!

La mente non può non andare subito a quel gennaio australiano del 2011, quando a Melbourne queste due artiste vintage avevano dato vita a un match leggendario. Vinse Francesca 16-14 al terzo, in 4h44, annullando una vagonata di matchpoint.

 

La riunione al ministero prevede alcuni miei interventi, ma per resto il mio programma di fantozziana memoria era sensazionale. Solo che al posto della frittatona di cipolle e della familiare di birra ghiacciata, io avevo previsto l’app del livescore a portata di mano sul mio smartphone.

Arrivo puntuale all’incontro con i funzionari ministeriali e mi presento al coordinatore: “Piacere Cherici”, “Piacere Doumbia”. Manca poco che sbotto a ridergli in faccia al pensiero del sensazionale attaccante della Roma!

Comincia la riunione e non ho proprio modo di controllare il punteggio. Gli interventi si susseguono, tra poco tocca a me. Devo rimanere concentrato sul lavoro. Una parola! Che starà facendo Francesca? Sarà già finita? Starà ancora giocando?

Finalmente prendo la parola. Concludo il mio intervento in un quarto d’ora, rispondo ad alcune domande, e finalmente posso fiondarmi sul livescore: 7-6 Kuznetsova, 5-5 nel secondo.

Tra l’altro leggo che Francesca ha perso il tiebreak 13-11 e per poco non mi parte un’imprecazione. O forse mi è anche partita, diciamo che non ricordo…

Neanche il tempo di capire chi è al servizio che Monsieur Doumbia mi chiede di spiegare ai presenti le regole di appalto vigenti eccetera eccetera. Spengo distrattamente il telefonino e, rimanendo seduto, prendo la parola. Niente da fare. Mi tocca alzarmi e andare a spiegare le slide con tanto di microfono.

“I criteri di selezione per l’aggiudicazione d’un appalto”…ma cosa me ne frega a me, ora, dei criteri di selezione per l’aggiudicazione d’un appalto, fatemi controllare lo score cribbio (cit.)!

Termino anche questo intervento. Addirittura applauso. Li avrei sterminati tutti. Mi rimpossesso del telefonino: 7-6, 5-7, 2-2!

“Siiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii”!!!!

Francesca aveva vinto il secondo ed era nel match. Mi sono immaginato l’urlo, anzi il ruggito, alla trasformazione del setpoint del secondo set. “Questi sono i tuoi match Francesca. E poi sei a Parigi, a casa tua”. Dai, dai, dai!

La riunione nel frattempo era diventata un brusio di sottofondo. Neanche fastidioso, faceva ormai parte d’una giornata che si stava profilando a suo modo storica.

Storica un cavolo: 4-2 Kuznetsova. Ma serve Francesca, tieni questo servizio e te la giochi. Non mollare!

E la Leonessa non molla: 4-4. Siamo allo striscione dell’ultimo chilometro. O almeno così sarebbe stato in presenza d’un match normale, tra giocatrici normali.

Ma oggi, qui, di normale non c’è niente. Come in quel gennaio di quattro anni fa, quando le nostre diedero vita al match più lungo (e tra i più emozionanti) di sempre.

Break Kuznetsova, maledizione!

5-4, serve per il match.

Non può finire così, penso. Non può finir così, pensa Francesca.

Contobreak, 5-5!

“Ora tieni questo cavolo di servizio”, penso mentre Monsieur Doumbia mi lancia un’occhiata inquietante. Non vorrà mica chiedermi qualcosa proprio adesso? Lo ammazzo!

In dieci secondi passo in rassegna tutte le possibili scuse per rifiutarmi/evitare di lasciare il mio posto (e il mio telefonino):

 

  1. Un sempre valido “devo consultare i miei appunti”;
  2. Un evergreen: “in questi così meglio restare prudenti” (non significa un tubo, ma incredibilmente funziona sempre);
  3. “È una decisine delicata, preferirei contattare la mia gerarchia”;
  4. “Può ripetere (possibilmente più volte) la domanda?”;
  5. “Tu come la vedi (cit.)”.

 

Ma miracolosamente Doumbia mi grazia e addirittura evoca una pausa caffè. È l’apoteosi in sala riunioni. Nella mia testa parte un trenino virtuale, con tanto di AEIOUY!

Escono tutti, la sala si svuota. “Lei Cherici non ci raggiunge fuori?”. “Siete gentilissimi, ma preferisco ridare un’occhiata ai miei appunti”. L’opzione 1) era tornata finalmente utile.

 

Ora posso seguire con calma. Immagino Francesca tennistica mente arrapata dopo il controbreak, che infila ace e servizi vincenti, ma…immagino male. Altro break Kuznetsova: 6-5.

“Merda”. Stavolta sto solo e posso dirlo. Merda, merda e merda!

Ma come si fa a perdere così, dai! Ma concentrati no?

In preda allo sconforto, mi accingo mi aspetto da un momento all’altro che il 6 si trasformi in 7 e che s’illumini la scritta “Kuznetsova”.

 

Invece no. È il 5 che si trasforma in 6 e anche se la scritta “Schiavone” non s’illumina (non ancora almeno), lo score parla chiaro: 6-6.

 

“Francesca, tieni questo servizio please. Non farti breakkare di nuovo, proprio alla fine della pausa caffè”. Detto, fatto: 7-6 Kuznetsova.

Cribbio! Oddio, non ho detto proprio così, ma ci siamo capiti…

Svetlana serve per la terza volta per il match. Va bene che non è mai stata un cuor di leone (ah quanto avrebbe potuto vincere…) ma dai e dai alla fine il match lo porta a casa.

 

Macché. Altro break e 7-7!

 

Ormai sono in campo. Quei numeretti sullo schermo si sono trasformati in persone. Io sono il coach di Francesca e le dico di giocarle sul dritto. Non so se sta funzionando o meno, non so nulla ovviamente. Ma ho sempre adorato il rovescio della Kuznetsova, di conseguenza ordine a Francesca di evitarlo.

Se mi ha dato ascolto ha fatto male, perché prende un altro break e ora è sotto 7-8!

Ormai sono in piedi nella sala vuota. Intorno a me fogli di carta, bottigliette d’acqua e persino un tablet abbandonato a sé stesso. Faccio due passi in avanti, come volessi anticipare il servizio della russa. Ormai sono andato, è evidente.

Ma il peggio doveva ancora arrivare. Il brusio prima lontano, si fa sempre più vicino. La porta si apre, la pausa caffè è termi
nata. Sono terminate anche le mie scuse, devo tornare con la testa alla riunione. Non ho scelta.

Passano dieci, quindici, interminabili minuti, quando posso finalmente ricontrollare lo score. È finita, Francesca ha vinto. E io mi sono perso gli ultimi tre game. In un primo momento prevale alla gioia per il risultato la rosicata per l’essermi perso gli ultimi tre game.

Poi però esplodo in un silenziosissimo “yessssssssssss”.

Quanto mi sarebbe piaciuto vederla, ma in definitiva è andata bene così. Anche se non l’ho vista, in qualche modo è come se l’avessi vinta anch’io.

A proposito, domani ho un’altra riunione e gioca Bolelli. Facciamo il bis?

 

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