Ci sarà anche Danielle Collins al via della prossima stagione tennistica. La statunitense, che concluderà il 2024 in top-10 dopo gli ottimi risultati della prima parte di stagione, prenderà parte con la maglia degli Stati Uniti alla United Cup che inaugurerà l’anno nuovo tra Sydney e Perth. La notizia è che la finalista dell’Australian Open […]
TENNIS – DI FABRIZIO FIDECARO – Nonostante le apparenze, Nick Kyrgios ha un fisico delicato e soggetto a frequenti infortuni che stanno fortemente limitandone le apparizioni sul circuito. Quest’anno il giovane australiano ha giocato appena tre tornei: la sua crescita è a rischio?
Vent’anni da compiere tra qualche giorno, alto (1,93), robusto (83 chilogrammi), reattivo, pieno d’energia. A prima vista Nick Kyrgios rappresenta l’emblema della salute. Eppure proprio il fisico ne sta limitando in maniera notevole le apparizioni sul circuito, impedendogli di acquisire ulteriore esperienza e di andare già a caccia di traguardi prestigiosi.
Quest’anno il ragazzone di Canberra ha preso parte ad appena tre tornei: Sydney, con l’uscita al primo turno per mano di Jerzy Janowicz; gli Australian Open, in cui ha esaltato il pubblico di casa spingendosi fino ai quarti; Indian Wells, dove si è arreso di misura a Grigor Dimitrov al secondo round. Più numerose le prove saltate: in apertura la Hopman Cup di Perth per un problema alla schiena; poi Marsiglia, Dubai e il tie di Coppa Davis in Repubblica Ceca per una lesione a una vertebra lombare; infine Miami e Monte-Carlo per un infortunio alla caviglia occorsogli nel match con Dimitrov in California. Il rientro è previsto la settimana prossima a Barcellona.
L’andamento non è stato granché dissimile l’anno scorso. Nel 2014 Nick ha giocato tutti e quattro gli Slam, togliendosi anche notevoli soddisfazioni (su tutte, i quarti raggiunti a Wimbledon con vittoria su Nadal), ma, per il resto, nei main draw del Tour maggiore, si è visto solo a Memphis, Toronto e Kuala Lumpur, passando un turno giusto in Canada. È vero che Kyrgios, almeno fino a un certo punto, non disponeva della classifica necessaria per affacciarsi agli eventi più importanti (nel frattempo si è comunque aggiudicato tre Challenger), ma una serie di guai fisici (spalla, gomito, avambraccio) non gli ha consentito di essere a Brisbane, Delray Beach, Acapulco e Cincinnati e lo ha portato a ritirarsi nel secondo round delle qualificazioni di Düsseldorf dinanzi al connazionale Jason Kubler. Dopo la sconfitta all’esordio con Marinko Matosevic a Kuala Lumpur, inoltre, Nick si è dovuto nuovamente fermare, saltando tutta la fase conclusiva della stagione, in cui era atteso tra i possibili outsider di lusso.
Ciò nonostante, l’australiano figura al 34esimo posto del ranking Atp, di gran lunga il meglio classificato tra i giovani della sua età. In effetti, l’impressione di esplosività che suscita quando si esprime al meglio è considerevole, e oltre a Nadal lo sa bene, purtroppo, il nostro Andreas Seppi, che ci ha perso sia a New York sia a Melbourne, pur andando vicinissimo all’affermazione nel secondo caso. Quando gli entra il servizio e riesce ad appoggiare tutto il peso sul diritto, Nick è devastante, a tratti quasi ingiocabile. Certo, gli manca la continuità e il repertorio tecnico non appare completo, ma in entrambi i casi l’anagrafe è dalla sua parte.
A preoccupare maggiormente, allo stato attuale, è questo corpo tanto fragile al di là delle apparenze, che finora non gli ha consentito di allenarsi e disputare tornei con la giusta regolarità. La sua crescita, così, sta avvenendo a strappi, e fa specie constatare come la recente vittoria su Denis Kudla a Indian Wells sia stata appena la seconda in carriera nei tabelloni principali Atp (non tenendo in considerazione, dunque, Major e Davis, dove ne ha già ottenute rispettivamente dodici e tre). Un tennista da Gran Premio, si diceva qualche mese fa, ma non è facendo risultati tre o quattro volte all’anno che ci si costruisce una classifica da top ten. Ora, però, è necessario compiere un passo alla volta. Ancor prima di giocare bene, Nick ha bisogno semplicemente di giocare. Di ritrovare gli automatismi e la confidenza con la partita, ovviamente tenendo a bada gli acciacchi. Il resto, alla lunga, dovrebbe venire da sé.