TENNIS – DI MARCO MAZZONI – Il 22 aprile 1968 è una ricorrenza storica per il mondo del tennis. Proprio 47 anni fa si disputò il primo torneo Open, che mise fine all’epoca che distingueva i tennisti professionisti da quelli dilettanti.
Era una dicotomia anacronistica, visto che i “dilettanti” in realtà si allenavano e conducevano una vita in tutto e per tutto simile a quella dei professionisti, senza i guadagni dei ricchi prize money e sponsorizzazioni del patinato mondo Pro. I due circuiti avanzarono paralleli per decenni, in modo quasi surreale, quando era evidente che quasi tutti i più forti giovani emersi tra i dilettanti e poi vincitori dei grandi tornei sarebbero passati “all’altra sponda”. Inutile l’arroccamento della Federazione internazionale, che difese per anni il regolamento dilettantistico. L’unico risultato fu privare gli Slam, alcuni campionati nazionali (come il nostro torneo di Roma) e la Davis dei migliori giocatori, ottenendo solo l’impoverimento del valore di questi eventi, e privando anche il pubblico della miglior qualità e spettacolo possibile. In un mondo che stava cambiando molto velocemente nel pieno del boom economico post bellico, sempre più “piccolo” grazie ai voli intercontinentali, sempre più moderno grazie ai prodromi del marketing e della globalizzazione, non aveva alcun senso tenere in vita quella barriera, privando i grandissimi tornei come Wimbledon, Roland Garros ecc. dei campioni della racchetta che avevano scelto di monetizzare il proprio talento sul tour Pro. La svolta avvenne nel dicembre 1967, quando LTA decise di aprire i Championships 1968 anche ai professionisti. Fu seguita a ruota dalla federazione americana, ma in realtà il primo passo operativo vero il tennis Open fu compiuto a Parigi, dove fu stilato l’elenco dei primi dodici tornei aperti a professionisti e dilettanti; e proprio il Roland Garros fu il primo Slam aperto a tutti, “bruciando” Wimbledon di pochi giorni.
Senza voler rievocare i risvolti politici ed economici della faccenda, l’ira della ITF, le polemiche furibonde tra modernisti e conservatori che accompagnarono per mesi la discussione, è interessante raccontare proprio nella data odierna il primo torneo Open, che si svolse a Bournemouth, località a sud dell’Inghilterra, presso il West Hants Club. Curioso che l’evento si chiamasse “British Hard Court Championships”, quando in realtà i campi del club erano in terra battuta (chiamati “duri” per contrapporli a quelli “soffici” in erba naturale). Il primo match scattò esattamente alle ore 13.43 del 22 aprile 1968, quando lo scozzese (che d’ora in poi si potrà chiamare “ex dilettante”) John Clifton servì la prima palla contro l’australiano (“ex Pro”) Owen Davidson. Un servizio vincente, il primo punto dell’Era Open del tennis.
È un torneo storico nel vero senso del termine, visto che il tennis dopo non fu più lo stesso. La preparazione e lancio avvennero con un grande battage promozionale, tanto da riscuotere enorme attenzione dai media e dal pubblico, che accorse assai numeroso per un totale di oltre 30mila spettatori nella settimana, record per la piccola location. Niente fu lasciato al caso, anche se le strutture, accoglienza, ecc erano assai diverse da quelle dei grandi tornei attuali, ed anche da quelli del tour Pro. A richiamare gli appassionati fu soprattutto il campo di partecipazione: in tabellone erano presenti alcuni dei più grandi campioni dell’epoca passati al professionismo, come Ken Rosewall, Rod Laver, Roy Emerson, Pancho González, Fred Stolle, Andrés Gimeno.
I giornali dell’epoca spinsero l’evento puntando l’attenzione sul valutare la differenza nel livello di gioco tra professionisti e dilettanti. Quest’ultimi, in teoria, avrebbero dovuto esser inferiori come qualità tecniche ed atletiche: non guadagnando i ricchi montepremi dei Pro non avevano i mezzi per condurre una vita “da sportivo” di alto livello. Il campo confermò la sensazione, ma ci furono delle sorprese ed una sorta di “caccia all’upset”, ossia un’attesa spasmodica per vedere chi sarebbe stato il primo dilettante a sconfiggere un campione. L’onore toccò al giovane britannico Mark Cox, che sconfisse il leggendario Pancho Gonzalez in una maratona di 5 set e quasi 3 ore di gioco. Cox riuscì anche a battere nei quarti di finale l’australiano Roy Emerson, ma Rod Laver in semifinale fu troppo forte per lui. In finale Laver perse da Ken Rosewall, che vinse il primo torneo Open della storia, incassando un assegno di 2.400 dollari, mentre la metà andò al “Rocket” come finalista.
Si svolse anche il torneo femminile, con una finale tutta British che vide il successo di Virginia Wade su Winnie Shaw. All’ultima campionessa britannica di Wimbledon per quel primo successo nell’Era Open sarebbe spettato un assegno di soli 720 dollari, fatto che scatenò le ire di Billie Jean King, da lì a poco paladina dei diritti delle donne nel mondo del tennis; tuttavia Virginia non incassò il premio, essendo all’epoca ancora dilettante, ancora per poco.
Era fine aprile, con il Roland Garros alle porte. Proprio il torneo parigino fu il primo major ad aprire i suoi tabelloni anche ai professionisti. Curiosamente si ebbe lo stesso risultato di Bournemouth: il 7 giugno 1968, sul centrale dei Bois de Boulogne, Ken Rosewall vinse il primo Slam dell’Era Open sconfiggendo l’eterno rivale Rod Laver in 4 set. Il tennis era entrato di fatto nell’epoca moderna.
@marcomazz
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