Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede […]
TENNIS – QUIET PLEASE! – Di ROSSANA CAPOBIANCO – Novak Djokovic deve ancora compiere 28 anni e conta otto titoli dello Slam, 49 in totale, più di 100 settimane da numero uno. Non è affatto un campione “normale” ma come tale viene considerato. Ammirato, stimato… ma mai davvero venerato. Come mai?
L’amore non si compra. A dir la verità, nemmeno si spiega. L’amore, il tifo, la venerazione, il mito, abbisognano di qualcosa di più di numeri freddi, di record, di vittorie e simpatia… arrivano d’improvviso come i colpi di fulmine, l’attrazione, le disgrazie, le sorprese.
Novak Djokovic è numero uno del mondo: se il tennis di altissimo livello ha un nome, in questo momento (ma già da qualche anno) è il suo. E’ lui che dal 2011 ha vinto più di tutti ed è stato più tempo in vetta, che ha sempre mantenuto un andamento costante e una solidità invidiabile. Eppure, eppure… eppure Nole, che personaggio comunque è e l’intelligenza e il carisma non gli mancano, non è mai stato davvero idolatrato e adeguatamente celebrato. E’ un dato di fatto: i giornali, i siti, le notizie… non hanno il seguito che hanno con Roger o Rafa, ad esempio. Perché? Cerchiamo di capirne i motivi:
ARRIVA DOPO (E NEL MEZZO) DI FEDERER-NADAL
Crudele? Forse. Limitativo? Certamente. Ma non si può considerare che l’ascesa di Nole nell’Olimpo del tennis arriva nel momento in cui la rivalità Federer-Nadal vive la popolarità più ampia e poi gode della nostalgia di essa durante il lento e glorioso tramonto. Djokovic “vuole” prima infilarsi nel mezzo e poi rimpiazzare una delle più grandi rivalità che la storia del tennis abbia vissuto, fatta di contrasti e contraddizioni, di personaggi e tennisti molto diversi che hanno dato vita a spaccature nel tifo e partite epiche.
SPESSO TROPPO RUFFIANO
Proprio a causa dei colleghi più famosi e amati, a inizio carriera Novak ha fatto di tutto per “ingraziarsi” il pubblico, dando l’idea di istrione ma anche di personaggio un tantino costruito. A parte le imitazioni, si ricordano entrate in campo con maglie da calcio diverse a seconda della città, balletti, maschere da halloween, cioccolatini in sala stampa. Badate bene, tutto può essere sentito e naturale ma l’idea che si fa un appassionato è comunque ambigua, quanto meno. Molto meglio adesso: papà felice, più spontaneo, nessun ritiro per mal di gola e nessuna mania di eccessivo protagonismo.
MANCA “IL COLPO”
Non fraintendiamoci, Nole ha tutti i colpi in canna per vincere e mettere KO l’avversario, come è stato ampiamente dimostrato sul campo. Se però riflettiamo davvero, è difficile trovare, al di là della meravigliosa elasticità e dell’equilibrio tecnico, un colpo che ti fa davvero rimanere a bocca aperta per bellezza o particolarità. Il dritto inside-in di Roger o il movimento del suo rovescio, accompagnato con eleganza; l’uncino di Nadal in recupero che fa una curva strabiliante che anche i federeriani più ostinati hanno dovuto riconoscere; le volée di McEnroe ed Edberg, il servizio fluido e naturale di Sampras, l’anticipo di Agassi. Novak è un tennista completo, fa tutto bene, colpisce forte e il suo rovescio è sicuramente uno dei colpi più efficaci della storia del tennis: tuttavia non scatena troppe fantasie, non stuzzica l’estetica, non permette alla volontà un’imitazione.
LA MANCANZA DI UN VERO UNICO RIVALE
Una delle cause è insomma Andy Murray: lo scozzese, rivale generazionale di Djokovic, non è stato proprio all’altezza del suo coetaneo se non sporadicamente, per diversi motivi. Anche questo ha sicuramente contribuito a non istituire una “leggenda” nei ricordi delle partite del serbo. Quella con Nadal è sicuramente una rivalità più intensa ma nell’immaginario generale Rafa sta a Roger come il cacio sui maccheroni.
E’ certamente un’analisi con poca, pochissima prospettiva: il tempo e solo esso ci dirà se Djokovic, che è un grande campione, sarà stato venerato e amato come altri prima di lui. Oggi come oggi, però, rimane il campione “normale” che interpreta perfettamente il tennis figlio del suo tempo. Senza troppa mitologia a fargli compagnia.