Il tennis maschile dove andrà a finire?

 

TENNIS – Quiet Please! – Di ROSSANA CAPOBIANCO – Raonic, Dimitrov, Nishikori iniziano ad affacciarsi alla top ten con risultati non ancora eccellenti a 23 o 24 anni. Ma le generazioni precedenti hanno fatto meglio e prima, al di là dei fenomeni. Analizziamo la situazione partendo da degli standard.

 

Chiariamo subito le cose: lo spunto preciso nasce da un illuminante articolo trovato qui che porta come sostegno alle argomentazioni proposte vere e proprie analisi numeriche. Dunque prima di iniziare una disquisizione vera e propria, mi sento in dovere di ringraziare l’autore e segnalare l’articolo originale che ha portato ad una vera riflessione.

In realtà è qualcosa di cui tutti ci siamo accorti da tempo, senza individuare esattamente le cause e perdendoci in scuse e discorsi tecnico-stilistiche: la nuova generazione non è all’altezza delle precedenti.

Inutile nasconderlo a noi stessi: l’ATP non sarà d’accordo, probabilmente, ma ognuno fa il proprio gioco ed è in diritto di farlo. La speranza di sbagliarsi, peraltro, è anche nostra. Negli anni che vanno dal 2000 al 2007 abbiamo visto all’opera tre generazioni: quella dei vari Kuerten, Bjorkman, Kafelnikov; quella di Federer, Roddick, Hewitt, Safin e quella di Rafa Nadal, Novak Djokovic, Andy Murray.

Da quando abbiamo ricordi del tennis, abbiamo ricordi anche dei fenomeni: Borg, McEnroe, Lendl, Edberg, Becker, Sampras, Agassi, Federer, Nadal, Djokovic. Questi sono giocatori che sono andati al di là dei normali standard, che non sono raggiungibili da colleghi a cui madre natura non ha dato il talento necessario e le qualità per essere tali. Non è un peccato ma non deve nemmeno essere una scusa per non raggiungere il proprio massimo.

Esiste infatti uno standard, un punteggio, una meta che indica un rendimento e un andamento che mostra e misura il livello di qualità professionistico: nel tennis è il ranking e di solito il raggiungimento dei 4000 punti denota uno standard di qualità a cui si è arrivati. Le tre generazioni precedenti hanno fornito al circuito un cospicuo numero di giocatori che entro i 21 anni sono riusciti a raggiungere questo obiettivo, al di là dei fenomeni. Gli stessi Grosjean, Gasquet, Safin, Ancic, sono tutti giocatori che fenomeni veri e propri non lo sono mai stati (per motivi diversi), ma non hanno mai mancato di vincere quando potevano e di offrire partite e tornei di ottima qualità. Perfino chi non era esattamente un mostro di continuità. Addirittura la generazione Federer, quella additata di essere stata una delle più deboli, ha avuto più di 10 giocatori che in età non avanzata sono riusciti ad arrivare a quel livello. D’altronde se un “vecchietto” come Haas o come Hewitt le suonano talvolta ancora ai vari Wawrinka e Del Potro qualche qualità devono avercela.

Le nuove generazioni, quelle dei Dimitrov, Tomic, Nishikori, Raonic e compagnia bella hanno oltrepassato quell’età ma non sono ancora arrivati a quel livello di qualità. Non ad essere fenomeni e supercampioni, questo non lo chiede nessuno. O lo sei o non lo sei, c’è poco da fare. Ma solo adesso qualcuno arriva a sfiorare o ad entrare in top ten eppure nessuno ha ancora raggiunto quello standard numerico che indica una qualità di vittorie notevoli. Il che vuol dire probabilmente una cosa sola: che il livello del tennis si è abbassato. Le generazioni precedenti sono ancora lì, chi più, chi meno; loro si stanno affacciando adesso, sfruttando qualche incertezza di chi arriva da tanti anni di professionismo.

Perché? Possono esserci tante motivazioni: più di tutte, forse, l’omologazione delle superfici che ha reso il tennis più o meno uguale e monotono e che richiede un livello di atletismo superiore a quello che era in passato. L’incapacità dunque di creare la sorpresa attraverso l’essere specialista su una o l’altra superficie. Complici forse anche i “maestri del tennis” che si sono adeguati a non sviluppare le qualità specifiche dei propri allievi. Forse semplicemente queste nuove generazioni sono meno professioniste delle altre, meno ambiziose, più scoraggiate, semplicemente più deboli.

Qualunque sia la ragione, la paura è che quando i fenomeni e i giocatori di qualità delle generazioni precedenti molleranno, queste nuove generazioni potranno e dovranno vincere, perché un vincitore deve pur esserci. Ma il livello qualitativo del tennis quale sarà?

Della risposta abbiamo paura. Ed è più invadente della speranza che ci rimane.

 

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