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25 Feb 2014 06:00 - Commenti
Nadal e zio Toni e le continue richieste di cambiare il tennis
di Rossana Capobianco
di ROSSANA CAPOBIANCO – QUIET PLEASE! – TENNIS – Rafa e Toni Nadal non ci stanno: continuano le proteste e le richieste nei confronti di ATP e ITF e i cambiamenti necessari secondo loro: sono però davvero così disinteressati?
Non è inusuale che un giocatore o una giocatrice sul circuito esprima forte e chiara la propria opinione; non è nemmeno sbagliato, in realtà. Ci sono sempre delle ragioni e queste ragioni vanno ascoltate: capita però che delle ragioni si urlino o si continuino a sbandierare, senza sosta.
E’ il caso del clan Nadal; un clan vincente, un clan fatto di professionisti seri, un clan che non saremo certo noi a screditare. Hanno i loro difetti come tutti: i Djokovic si esaltano e insultano, i Federer coprono con asciugamani bianchi le telecamere per non farsi sentire o vedere, i Nadal si lamentano.
Poniamo l’accento sulle lamentele degli spagnoli per una serie di concomitanze che hanno portato a una serie di proteste da parte di Toni e Rafa Nadal che hanno generato pure delle chiare richieste di cambiamento: l’intervista allo zio allenatore a welovetennis.fr e le dichiarazioni di Rafa riguardo ai cambiamenti che farebbe nel tennis (ancora e ancora, sì).
Dopo il ranking biennale richiesto dal numero uno del mondo, che permetterebbe sì come lui afferma di non penalizzare eccessivamente gli infortuni e gli stop dei tennisti professionisti ma limiterebbe e di tanto i cambiamenti al vertice e soprattutto la possibilità dei giovani di affermarsi e andare avanti, questa volta tocca al servizio: «Cosa si dovrebbe cambiare per me nel tennis? Si dovrebbe giocare un solo servizio. Quando si iniziò a giocare a tennis la statura media era certamente più bassa, adesso si dovrebbe ridurre il servizio a uno solo in modo che chi ha la battuta più sicura sia avvantaggiato. Altrimenti con la regola di adesso i grandi battitori sono molto avvantaggiati e non c’è divertimento. Lo sport è fatto di pensiero, di tattica e così sparisce».
Apprezzabile l’ultima considerazione di Nadal; è vero che uno sport dovrebbe anche essere abilità e intelligenza ma risulta difficile non considerarle importanti nell’esecuzione della prima e della seconda di servizio e poco convince la sua spiegazione riguardo alla statura e al servizio più sicuro, che pare in realtà un tantino di parte.
Chi però non le manda proprio a dire è lo zio Toni: per lo zio, oltre all’ormai famoso Master su terra alla fine di una stagione indoor che dura neanche due mesi, uno Slam sulla terra è davvero poco e ovviamente, il nipote avrebbe potuto vincerne di più: «Rafa può superare gli Slam di Federer, ma l’ATP decide sia chi sta al numero 1 sia chi è favorito per vincere più Slam. Rafa ha il merito di averne vinto tanti giocandone solo uno sulla sua superficie preferita, gli altri ne giocano 2 o 3».
Chissà come protesterebbe Toni se oggi 3 Slam su 4 si giocassero sull’erba come ai tempi di Laver; non avendone tra l’altro necessità, visto che Rafa sull’erba ha vinto e sempre fatto benissimo, così come sul cemento.Nadal ha vinto sessantadue titoli (l’ultimo a Rio De Janeiro domenica scorsa), quarantadue dei quali sulla terra battuta (in dodici tornei diversi) e venti sulle altre superfici; tre dei nove MS1000 si giocano sulla terra (e nessuno sull’erba). Otto dei suoi tredici titoli dello Slam sono stati vinti sulla sua superficie preferita.
Un pensiero è naturale ed urgente: menomale che Nadal non è un erbivoro.
L’ultima veemente protesta dello zio allenatore più famoso del mondo riguarda il coaching: «E’ una regola senza senso, quella nel circuito femminile è più fedele al tennis moderno: cos’è il coaching? Dire “Vamos” o “muoviti” al tuo assistito lo è? Per cosa paghiamo il biglietto e ci sediamo lì?».
Toni Nadal ha ragione: incitare il proprio giocatore non è coaching, ma forse dovrebbe mettersi d’accordo con il nipote che nella sua autobiografia confessò di essere stato aiutato dallo zio durante l’ultimo punto della finale degli US Open 2010 vinta contro Novak Djokovic.
Detto ciò, non si può criticare a prescindere questa considerazione: è un’opinione personale e c’è chi, appunto, la sfrutta a dovere, nel tennis femminile. E’ probabilmente una questione di preferenza: c’è chi prova gusto nel vedere un tennista cavarsela da solo sul campo e chi pensa che un aiuto faccia parte dei giochi.
I cambiamenti sono necessari e chi li chiede ha tutto il diritto di farlo: fa sempre pensare però chi lo fa soltanto a proprio vantaggio: i Nadal, chiariamolo, non sono i soli, ma di certo sono i più rumorosi.