Nalbandian, l'artista imperfetto del tennis

 

Nalbandian, idolo argentino, si ritira: un tennista artista che non ama solo il tennis, che ha fatto discutere, che non ha vinto quel che poteva. Ma che ha divertito il circuito e che a 31 anni farà il papà.

 

 

Ci sono sportivi che accendono fanatismi e seguito grazie soprattutto alle loro vittorie, ad imprese, a record. Che diventano gladiatori per spirito di sacrificio ed esempi per bambini.

E poi ci sono quelli che non ne hanno bisogno.
Uno di questi è David Nalbandian, argentino di origine armena, Rey David, come lo chiamano a Cordoba e in tutto il suo Paese. Perché sì, la “Nalba” è argentina più che mai, uno di quelli che quando è lontano dalla sua terra non riesce proprio a stare bene.
Amato come nessun altro suo collega tennista compatriota, David ha annunciato oggi il ritiro.
Ce lo si aspettava da un po’: problemi fisici, mai troppa voglia di allenarsi.
L’unica ultima speranza era giustificata da quel sogno Davis che anche quest’anno non ha potuto però concretizzarsi… la parola fine era dunque quasi inevitabile.

Nalbandian: a detta di tutti, un talento sprecato; il più forte giocatore a non aver mai vinto uno Slam? Molto probabile.

C’è chi addirittura gli nega la stima per questo, mostrando una rigidità di pensiero piuttosto preoccupante. Perché ognuno è quello che è. I robot lasciamoli alle cucine e alla tecnologia.

 

“Io amo il tennis, ma è l’unica cosa che amo nella vita? No, e la mia vita non può essere soltanto tennis”. Amen.

Così parla David, che il divertimento e l’avventura non le ha mai rinnegate.
Il suo rovescio, uno dei migliori rovesci a due mani mai apparsi sul circuito, dotato di geometria e fluidità inenarrabili, non era la sola cosa che lo teneva in vita. Se durante l’anno gli veniva voglia di andare a fare rally a Sanremo, Nalbandian ci andava: capitava durante un torneo? Pazienza. Libero professionista, non doveva niente a nessuno.

 

Eppure, col tennis a singhiozzi, l’argentino arriva al numero 3 del ranking (nel 2006), vince un Master battendo Federer in cinque set a Shanghai (nel 2005), disputa nel 2002 una finale di Wimbledon nettamente persa da Hewitt e molto altro.
Si ritira in autunno, da sempre la sua stagione tennistica preferita: nel 2007 l’exploit nei tornei indoor fu addirittura imbarazzante, per gli altri. Un Nadal competitivo fu strapazzato da David in finale a Bercy; prima aveva battuto altre due volte Federer, a Madrid e nello stesso torneo pargino. Ha raggiunto la semifinale in tutti gli altri tornei dello Slam… ma il campione, si sa, è un professionista vero, specie nello sport moderno.

Nalbandian ha scelto di vivere il tennis a modo suo, e ha fatto divertire; un po’ meno magari il povero giudice di linea del Queen’s, incolpevolmente seduto nel posto sbagliato al momento sbagliato. Federer definì la sua risposta “la migliore sul circuito” e per anni fu una delle sue bestie nere tra avversari che domava a suo piacimento. L’argentino è sempre stato un giocatore capace di fare tutto e se c’è qualcosa, una, che avrebbe meritato e per la quale ha sputato sangue è stata appunto la Coppa Davis: sempre presente, sempre al massimo. Ci andò vicinissimo nella finale in casa contro la Spagna nella quale Rafa non giocò: un Del Potro non in salute però non permise all’Argentina di vincere. Gli dei del tennis non sono sempre benevoli: la Nalba lo ha capito e adesso si gode suo figlio, nato pochi mesi fa e abbandona ogni ambizione, a 31 anni.

I cinici diranno che era ora, che il ritiro è solo una formalità: hanno le loro ragioni.

A noi però una lacrimuccia scende, perché così come Roddick, Nalbandian mancherà a tutti, in questo tennis sempre più omologato e privo di veri personaggi.

 

 

Dalla stessa categoria