Quel Federer/Van Basten, quel Nadal/Cristiano Ronaldo, quel Laver/Messi…

 

Rod Laver – Lionel Messi

Uno poteva chiudere, forse per sempre, la diatriba su chi sia stato il più grande di tutti i tempi. L’altro può ancora chiuderla, quella questione, anche se non sarà facile, ma basterebbe un mondiale vinto in Brasile (magari da protagonista, con l’Argentina…) per fare un enorme passo in avanti. Rod negli anni sessanta era quello che è oggi Messi. Semplicemente, un altro pianeta.

Laver non è arrivato a venti slam solo per assurde regole pre-open, Messi è arrivato a quattro Palloni d’oro a nemmeno 26 anni, un numero di gol segnati in carriera da far spavento al totale del debito pubblico italiano, e ancora non è finita. Classe pura, talento puro. Talmente tanto da poter apparire, apparentemente e solo apparentemente, quasi noioso. Troppo grandi per essere veri. Eppure, forse, entrambi non saranno ricordati come i più grandi. Il perché? Troppa perfezione, a volte, storpia. Ma non è detto.

Novak Djokovic – Zlatan Ibrahimovic

Forti. Fortissimi. Incredibilmente forti. Spettacolari, vincenti, adorati dagli addetti ai lavori, osannati dai tifosi. Carismatici, trascinatori, capipopolo mica da ridere. Strapagati, stravissuti, sempre sulla bocca di tutti. Fossero nati in un’altra epoca…Qualche anno prima, qualche anno dopo. O molti anni prima, o molti anni dopo. Ma non ora, non qui. Eccezionali, ma non i migliori. Numero uno secondo certe classifiche (computer, ingaggio), numeri tre reali. Per tutti. Davanti a loro gli Everest dei rispettivi sport: Messi e Ronaldo, Federer e Nadal. Potevano essere i migliori, potevano essere immortali. Se, se se…

Rafael Nadal – Cristiano Ronaldo

Poche spiegazioni ci vorrebbero, in realtà. Ma tant’è. Giocatori che hanno fatto del fisico la loro religione, la loro arma più micidiale. Atleti scolpiti da un fulmine di Zeus nel marmo. Fisici da studiare, e nel caso di Ronaldo qualche università lo ha fatto per davvero. In entrambi, non ci sono solo quei muscoli avuti in dono e affinati poi dal tremendo lavoro fatto di volontà e determinazione. C’è voglia, c’è classe, c’è del talento. Magari non al massimo livello, ma entrambi costituiscono un mix micidiale. In cima ci sono arrivati, hanno toccato il cielo. E ci sono ancora. Chissà per quanto tempo. Possono non piacere ai puristi, a quelli che fanno del gesto una religione, ma è così.

Roger Federer – Marco Van Basten

A loro è stato dato in dono…il dono. Quel sovrumano bagaglio consegnato a pochi, pochissimi eletti, così pochi che in milioni di anni si possono davvero contare sulle dita delle mani. Hanno avuto il merito di convertire il dono in realtà. Per la gioia di tutti. Li accomuna anche l’eleganza, quell’innaturale naturalezza nel fare apparire le cose più impensabili reali. Kant diceva “Il cielo stellato sopra di me, la legge morale dentro di me”. Ogni colpo è una stella di quel cielo, fatto con la ragione del dono ma eseguito con’inconsapevole istinto. Nelle loro epoche hanno segnato un passaggio bellissimo e armonioso tra passato e presente dello stile. Stile antico in un corpo da atleta moderno. Peccato che proprio Marco abbia dovuto cedere il tutto alla cosa più umana del mondo: il fisico. Roger ci sta lottando, e speriamo che non debba salutare tutti proprio per colpa di qualche mero acciacco.

Andy Murray – Steven Gerrard

Li accomuna la nazionalità. Quasi. Perché il primo è scozzese, l’altro è inglese. Ma nel caso del capitano del Liverpool, potrebbe essere benissimo un Braveheart di Glasgow e nessuno direbbe niente. Spesso e volentieri entrambi hanno messo in campo più il cuore che la classe, più il fisico dei piedi. Anche se entrambi di classe ne hanno. Eccome. Da vendere. Ed entrambi hanno realizzato il loro sogno. Andy ha vinto Wimbledon, Steven ha alzato la Champions League da assoluto trascinatore in quella notte incredibile di Istambul. Talmente incredibile da renderla quasi finta. Il numero 8 dei Reds è ancora lì, ma vede il traguardo. Muzza ancora ne avrebbe. Per dimostrare che la classe non solo non ha età, ma che va solo saputa usare, dosare.

 John McEnroe – Diego Armando Maradona

Il Genio. Forse anche troppo genio. Quando il talento è così tanto da darti quell’incredibile sensazione di onnipotenza. Quando pensi che non ti è stato fatto un dono, ma che il dono semplicemente sei tu. E quindi non curi nulla, non curi soprattutto te stesso. E ti lasci andare via. Non diventi padrone del talento, ma il talento diventa semplicemente padrone di te. Non pensi a crescere insieme al tuo dono, pensi che quello che hai basti per essere il migliore. E la cosa bella è che un po’ è stato anche vero. Quel po’ poteva durare per sempre, o quasi. Non è stato così, ma in fondo…chi se ne frega.

E ora una selezione a cura di Lorenzo Di Caprio

 

David Nalbandian – Alvaro Recoba

“Tra i miei compagni il talento più sprecato? Il Chino Recoba, e non sa neanche lui quanto: un po’ colpa sua e un po’ degli allenatori, ma ci ha rimesso il calcio”. Così parlava Javier Zanetti su Alvaro Recoba e, con qualche dovuta correzione, il tutto sarebbe largamente adattabile a David Nalbandian. Le storie dei due, infatti, hanno tratti estremamente simili: l’uruguagio è riuscito a raggiungere risultati importanti con l’Inter (2 Campionati, 2 Supercoppe Italiane, 2 Coppe Italia e 1 Coppa Uefa) ma il rammarico per non averlo mai visto al massimo, date le indubbie potenzialità, resta. D’altra parte, cosa sarebbe successo se Nalba fosse riuscito a completare una carriera che, nonostante tutto, lo ha visto raggiungere le semifinali di tutti gli Slam (addirittura in finale a Wimbledon, nel 2002), giocare tre finali di Davis e lottare – vincendo 8 volte – con quel Federer che dominava il circuito ATP?

David Ferrer – Emanuele Giaccherini

Uno 5 anni fa giocava in C2, l’altro lotta da un’intera carriera contro i pregiudizi di chi continua ad apostrofarlo in maniera ingloriosa per un gioco poco divertente e si spinge giorno dopo giorno oltre i propri limiti, eppure la ricetta è la stessa: quelle di David Ferrer ed Emanuele Giaccherini sono due storie belle, colme di umiltà e sacrifici, che ti lasciano quel qualcosa di “speciale”. Ferru ha trovato a 31 anni la sua prima finale Slam, a Parigi, mentre Giak ha raggiunto il palcoscenico della Premier facendo sborsare 7,5 al Sunderland dopo esser diventato un titolare inamovibile nella Nazionale di Cesare Prandelli.

 Radek Stepanek – Luca Toni

Le vecchie volpi, chi in Serie A chi nel circuito ATP, sono loro: Radek Stepanek e Luca Toni sono divisi da un anno di età ma la voglia di continuare ad essere competitivi e la capacità di essere ancora decisivi sono doti che hanno in comune. Il natìo di Pavullo nel Frignano, dato per disperso dopo il trasferimento all’Al Nasr, ha accettato la scorsa stagione l’ingaggio della Fiorentina a gennaio e, grazie a grandi prestazioni, ottenuto l’ingaggio con l’Hellas Verona: poco male se lo stipendio viene dimezzato, Toni si prende sulle spalle la neopromossa e all’esordio piazza due reti decisive al Milan. Il Ceco, invece, sembra sorvolare più che bene le 35 primavere sulle spalle: negli ultimi due mesi ha vinto lo US Open di doppio in coppia con Paes, trascinato l’Argentina in finale di Coppa Davis e superato avversari nella top 20 come Nicolas Almagro e Fabio Fognini. Quando si dice che “non è mai troppo tardi”…

Daniel Koellerer – Joey Barton

Parliamoci chiaro, Joseph Barton e Daniel Koellerer sono quello che un appassionato non vorrebbe mai vedere nel propro sport. Uno, il tennista Koellerer, è stato – finalmente – radiato a vita e l’altro, Barton, milita nel QPR ed è stato def
inito dal telecronista Sky Massimo Marianella “cretino, criminale, stupido”: ma cosa hanno fatto questi due per meritarsi dei “titoli” del genere? Koellerer ha passato una vita nei campi minori (bazzicando principalmente nei Challenger) passando alla storia per aver messo le mani addosso all’avversario (litigò anche con il compianto Federico Luzzi), finto un infortunio ed insultato arbitri o giudici di sedia eppure, a regalargli la radiazione, non è stato nessuno di questi episodi: l’austriaco è stato infatti bannato dopo aver tentato di corrompere ben cinque incontri. E Barton? Il ragazzo di Liverpool ha spento un sigaro sul viso di un giovane giocatore del Manchester City (Tandy) e, per non farsi mancare nulla, è entrato in galera per aver picchiato un tassista a Liverpool ed aggredito Dabo nello spogliatoio.

 Gianluigi Quinzi – Hachim Mastour

Entrambi giovanissimi, talentuosi e spasmodicamente attesi: gli italiani Gianluigi Quinzi e Hachim Mastour sono tanto lontani quanto chiamati ad un futuro da predestinati. Il tennista di Porto San Giorgio è diventato ancora di salvezza per buona parte degli appassionati nostrani e, a soli 17 anni, si porta dietro un attenzione mediatica quasi superiore a quella dei suoi colleghi maggiori. Allo stesso modo, il talentuoso Mastour ha stregato gli addetti ai lavori italiani e non solo, mostrando numeri fenomenali con le giovanili del Milan nonostante i soli 15 anni. Saranno loro i fenomeni del futuro? Chissà, il tempo è della loro parte.

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