Questo è un capitolo tratto dal libro del 2014 “Solo uno- Analisi di una rivalità”, scritto da Rossana Capobianco e Riccardo Nuziale Non lo riconosceremmo più, ormai, quel tennis. Quello riservato solo a pochi, quello che gli amici ti guardavano come fossi un extraterrestre quando confessavi di rimanere a casa per seguire la finale di […]
Lunedì 10 settembre 2012, New York, Arthur Ashe Stadium: Andy Murray contro Novak Djokovic, uno di fronte all’altro in un match ufficiale per la quindicesima volta. Nemmeno troppe, in verità, ma va considerato che per anni i due sono stati numero 3 e 4 del ranking dietro agli inarrivabili Federer e Nadal e quindi, dato che venivano sorteggiati nelle parti opposte del tabellone, le possibilità che incrociassero le loro racchette nei tornei più importanti erano assai limitate. I due sono coetanei: entrambi classe ’87, addirittura nati ad appena una settimana di distanza, il 15 maggio Andy, il 22 Nole. Trentuno, finora, i titoli nel circuito maggiore per il serbo, otto di meno quelli del britannico, ma la differenza più tangibile è nel bilancio a livello Major: già cinque i successi del Djoker a fronte del mesto zero che tuttora affligge la casella di Murray.
Nei confronti diretti il ragazzo di Belgrado conduce per otto vittorie a sei, ma, dopo quattro affermazioni consecutive all’inizio, ha ceduto ben sei dei dieci successivi head to head. Il primo capitolo della rivalità fu scritto nel 2006 a Madrid, all’epoca ancora torneo indoor, con un faticoso successo in rimonta (16 75 63) di Djokovic. Nole prevalse agevolmente nei tre match seguenti: nel 2007 a Indian Wells (62 63) e a Miami (addirittura 61 60!), gli eventi in cui guadagnò l’attenzione del grande pubblico, e nel 2008 a Monte-Carlo (60 64). Murray spezzò la maledizione serba nell’estate 2008, prima a Toronto (63 76) e poi a Cincinnati (76 76), ripetendosi a Miami 2009 (62 75).
Poi, quasi due anni senza mai trovarsi davanti, ognuno a cercare per conto suo sprazzi effimeri di gloria in un circuito dominato prima da Fed-Ex (2009) e poi da Rafa (2010). Novak e Andy tornarono ad affrontarsi solo nel match clou degli Australian Open 2011, stravinto (64 62 63) da Djokovic e prologo della sua stagione-monstre. Grande incontro, qualche mese più tardi, nelle semifinali del Foro Italico, con il miglior Nole di sempre sul rosso portato allo stremo nella sessione serale da Andy, ma capace di uscirne indenne (61 36 76) e di regolare il giorno dopo un Nadal ben più fresco in finale. Murray si prese la rivincita ancora in estate, a Cincinnati, quando il suo avversario si ritirò in svantaggio per 64 3-0.
E siamo alle quattro sfide del 2012, l’anno con il maggior numero di duelli nella storia della loro rivalità. La prima, intensa, nelle semi di Melbourne, con successo in cinque interminabili set (63 36 67 61 75) di Djoko, impostosi poi ancora su Nadal in finale al termine di una maratona ancor più estenuante. Successo di Murray, sempre in semi, a Dubai (62 75) e nuovo allungo del serbo nella finale di Miami (61 76). Per concludere, il match più recente, quello nel penultimo atto dei Giochi Olimpici di Londra, con il talento di Dunblane, futura medaglia d’oro, a prevalere con un doppio 75 per il tripudio dei suoi connazionali.
In totale, come detto, otto a sei per Djokovic. Sul duro il vantaggio si riduce leggermente, sei a cinque. Nel computo delle finali è avanti Murray per tre a due, ma nello Slam è stato il campione in carica degli US Open ad aggiudicarsi entrambi i confronti, disputati nelle ultime due edizioni degli Australian Open. A leggere questi dati Novak, che nelle grandi occasioni ha già dimostrato più volte la propria mentalità vincente, appare il naturale favorito del big match newyorkese. Andy, però, è alla quinta finale Slam in carriera (battuto tre volte da Federer e una, appunto, da Djoko), e, guarda caso, proprio dopo quattro sconfitte (due con Connors e una ciascuno con Borg e Wilander) si sbloccò il suo attuale mentore Ivan Lendl, che nel 1984 a Parigi recuperò due set a John McEnroe, riuscendo a cogliere nella maniera più clamorosa il primo dei suoi otto trionfi nei Big Four. Lo scozzese saprà fare altrettanto?