Angie Kerber, rinascita in rosso

TENNIS – Di Samuele Delpozzi – Non è esplosiva come la Lisicki, carismatica come la Petkovic o bella come la Goerges, eppure il principale motore della rinascita tedesca è senza dubbio Angelique Kerber. Un tennis siderurgico il suo, fatto di volontà ferrea e muscoli d’acciaio, il cui impatto sul fisico sembrava ormai eccessivo, al punto da far presagire un imminente declino: appena 3 vittorie in 10 incontri da Sydney in avanti – incluse le precocissime eliminazioni a Melbourne, Indian Wells e Miami – e conseguente uscita dalla top-10 dopo tre anni di permanenza stabile.

Ulteriore pioggia sul bagnato, l’inizio della stagione a lei più ostica, quella terra battuta su cui da sempre fatica ad imporre le sue doti di contrattaccante doc, abilissima ad appoggiarsi al colpo avversario per ridirezionarlo con angolazioni micidiali, ma in difficoltà se costretta a generare autonomamente la velocità di palla.
Il match di esordio a Charleston contro Evgeniya Rodina, numero 90 del ranking, pareva confermare le previsioni funeste, con la Kerber impietosamente messa sotto fino al 6-3 3-2 e servizio per l’avversaria, poi il fatidico clic: il diritto lungolinea che riprende a filare come ai bei tempi e vittoria strappata di puro agonismo, con un’ulteriore rimonta da 2-4 a 6-4 nel terzo.

Un successo in apparenza insignificante – secondo turno di routine contro una rivale di bassa classifica –, ma in realtà fondamentale per ricostruire la fiducia smarrita, l’ultimo tassello mancante di un puzzle già pronto a ricomporsi. Sì, perché a febbraio Angie aveva interrotto la collaborazione con Benjamin Ebrahimzadeh, sodalizio nato a fine 2013 con l’intento di potenziare il servizio, storico tallone d’achille, nell’ottica globale di una maggiore aggressività. Un vero buco nell’acqua, con la tedesca addirittura regredita nelle certezze consolidate – meno granitica nella tenuta dello scambio e con una pericolosa tendenza ad abbandonare la lotta nei momenti critici – e troppo passiva nella condotta di gara, tradita dalle nuove insicurezze.
Non stupisce quindi la scelta di riaccasarsi con il coach storico, quel Torben Beltz che l’aveva condotta in top-5 e a due semifinali Slam. La sensazione di ritrovata familiarità, unita alla motivazione scaturita dagli allenamenti con il suo idolo Steffi Graf in quel di Las Vegas, ci ha riconsegnato una Kerber molto più positiva e ricettiva ai suggerimenti dell’allenatore, anche durante le consultazioni a match in corso.

Il resto è storia di questi giorni: come già detto, mancava solo una bella vittoria – meglio se sudata, come ai vecchi tempi – per rimettere in moto tutti i meccanismi. E poiché l’appetito vien mangiando, ne sono arrivate addirittura undici di fila, di cui almeno tre da cineteca: il modo in cui ha frantumato il muro della Wozniacki e resistito all’onda d’urto di bombardiere come Keys e Sharapova, sempre rimontando da situazioni quasi disperate, è un piccolo capolavoro di resilienza tennistica.
La striscia si è poi interrotta a Madrid contro una specialista come Sam Stosur, ma il valore dell’impresa resta: mai prima d’ora la Kerber era riuscita ad imporsi in due tornei consecutivi, per di più del valore di Charleston e Stoccarda, sconfiggendo al contempo anche l’idiosincrasia alle finali – fino ad allora ne aveva perse 9 su 12, spesso da favorita.

Certo, a Parigi sarà un’altra storia, in condizioni molto più lente rispetto alla terra verde americana e a quella indoor di Germania, motivo per cui le vere favorite restano altre (impressione confermata anche al Foro Italico, la tappa di avvicinamento più simile al Roland Garros). Era comunque importante recuperare ai massimi livelli una giocatrice atipica, mancina “innaturale” come Nadal – fuori dal campo fa tutto con la mano destra – e non certo elegante, eppure protagonista di molti dei match più esaltanti degli ultimi anni, in virtù del contrasto di stili che riesce sempre a generare.
Fatto il pieno di punti e fiducia sulla superficie meno amata, Angie ha già il mirino puntato oltre la Francia, verso quei prati dove può davvero far saltare il banco: a Wimbledon nessuno vorrà trovarla sul proprio cammino, c’è da giurarci.

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