L'Atlante degli italiani / Salviamo il soldato Fognini

TENNIS – Di Gianluca Atlante

Maledetto, verrebbe da dire, quel 31 marzo del 2014, un anno fa. Maledetto quel giorno, entrato nella testa di Fabio Fognini come un proiettile impazzito, pronto a lenire il sistema nervoso del ragazzo di Arma di Taggia che da quel giorno in poi si mise in testa qualcosa, giustamente, di meraviglioso, sapendo però di non poterlo gestire al meglio.

Era numero 13 del mondo, quel giorno, Fabio. Vicino ad una gloria che era stata, nel remoto passato, di Panatta, Barazzutti e Bertolucci, ma diventata di colpo incubo. Quello che oggi il buon Fabio vive male, forse malissimo. Leggendo nelle sconfitte contro Mannarino prima e Sock, un comun denominatore assai preoccupante.

Forse è arrivato il momento di salvare il soldato Fabio. Forse, è arrivato il momento di urlargli a brutto muso, per il suo bene e per il suo immediato futuro, che a 28 anni ancora da compiere può riservargli qualcosa di importante. Continuando di questo passo, però, finirà con il disinnamorarsi di uno sport che gli ha dato tanto e che gli potrebbe offrirgli altrettanto, a patto che lui decida di invertire la rotta. Perché questa rotta va invertita, onde evitare di restare incagliato nello scoglio della desolazione e, se vogliamo, della depressione sportiva che a lungo andare può logorarti.

Deve fare qualcosa Fognini, devono fare molto le persone che gli sono vicino, che gli vogliono bene, che supportano tutto, a patto che lui si scuota. Perché, Indian Wells e Miami ce lo hanno detto, non riesce a fare nemmeno più questo.

Dalla Coppa Davis, alla Florida: un susseguirsi di figuracce, che non sono figlie né del suo tennis, né tantomeno della sua voglia innata di urlare al mondo intero la propria rabbia. Qualcuno potrebbe affermare: «Signori, ma questo è il Fognini di sempre». Ci può stare, ma vorremmo giocarci le ultime carte, pensando non ad un bluff ma ad un punto in mano. Di quelli importanti, di quelli che possono farti fare una inversione di marcia, anche quando il codice non lo consente.

Oggi, allo stato attuale delle cose, Fognini non è quel giocatore che serve a se stesso e all’Italia del tennis. Oggi, il talento di Arma di Taggia, va salvato come il famoso soldato di un film che ha fatto storia, la stessa che vorremmo riscrivere a più mani per Fabio Fognini. A patto che lui lo voglia. A patto che, una volta interrogatosi sul da farsi, lo metta in pratica. C’è ancora tempo, sarebbe un peccato sprecarlo.

 

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