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18 Apr 2024 14:51 - Extra
Inside Out: emozioni forti, errori umani e rimedi artificiali
di Annalisa Migliorini
Certe emozioni le viviamo tutti: gioia, paura, rabbia, disgusto e tristezza. Nel gergo comune, emozioni e sentimenti sono simbolicamente rappresentati dal cuore. La scienza invece ha escluso che questo organo abbia a che fare con l’emotività.
E’ un’altra parte quella che permette di percepire, imparare, controllare comportamenti, pensieri ed emozioni: la mente. Nell’angolo più remoto del nostro cervello, un pezzettino di materia grigia chiamata amigdala, si impossessa letteralmente di noi quando ci abbandoniamo a rabbia e paura. Ed è a causa sua che perdiamo il controllo litigando violentemente per un parcheggio, lanciando il telefonino in uno scatto d’ira o distruggendo una racchetta sul campo da gioco dopo un punto perso. Djokovic, Zverev, Bublik, Paire e persino Federer hanno tutti, chi più chi meno, dato libero sfogo almeno una volta alle proprie emozioni durante i match. In questi casi scatta come un grilletto che sospende ogni connessione con la parte razionale del nostro cervello, quella che elabora le decisioni valutandone gli effetti. L’emotività istintiva va in sfida contro il ragionamento razionale proprio come è accaduto nell’ultima settimana durante due prestigiosi tornei.
Andrej Rublev al Barcellona Open si è reso protagonista di un violento sfogo dopo l’ennesima sconfitta, stavolta contro Nakashima. Il tennista russo ha distrutto con veemenza la racchetta in preda a un violento raptus. Già durante la partita Rublev si era più volte infuriato, scontento del suo gioco, lasciandosi andare a momenti di rabbia e a urla disperate contro il suo angolo, scene diventate purtroppo familiari. Ma è al termine del tie-break che Andrej raggiunge il culmine: dopo aver spedito la pallina a rete, si è accanito come una furia sulla racchetta distruggendola. La rabbia però non è solo sangue che ribolle e cuore che rimbomba, è anche tensione muscolare, soprattutto quando la si cerca di contenere. Jannik Sinner durante la semifinale di Montecarlo si è trovato a fronteggiare la profonda frustrazione per un macroscopico errore arbitrale. Eppure non si è lasciato andare, non gli si è chiusa la vena. Al contrario, l’altoatesino è rimasto composto senza farsi trascinare dalla rabbia istintiva: ha fatto ricorso all’empatia, modulando reazione e comportamento. Sinner infatti oltre a un atteggiamento irreprensibile in campo ha smorzato i toni dopo l’errore dell’arbitro anche in conferenza stampa. Mentre il clamoroso doppio fallo di Tsitsipas non visto dal giudice di sedia faceva infuriare tutti i tifosi, Jannik ha mostrato il solito fair play concludendo con un comprensivo “sbagliamo tutti”. Ma quell’errore grossolano arrivato su un punto che sarebbe valso il doppio break in favore di Jannik nel terzo set, gli è rimasto conficcato nella mente innescando i crampi, che hanno aiutato il greco nella rimonta, fino alla vittoria. Per cercare di scaricare la tensione e non farla esplodere, i muscoli di Jannik hanno somatizzato la tensione traducendola in contrattura. Due modi opposti di vivere i sentimenti quelli di Andrej e Jannik, due diversi meccanismi emotivi di “inside out”, perché le emozioni sono qualcosa che proviamo dentro, ma che in un modo o nell’altro finiamo per esprimere fuori. C’è chi sostiene che la rabbia sia solo una estensione aggressiva della tristezza. Quella stessa tristezza che di sicuro ha amareggiato Aurélie Tourte, a cui né l’esperienza né il Gold Badge hanno impedito di commettere un errore così grave che segnerà una storica inversione di rotta per la terra battuta. Dal 2025 l’ATP introdurrà su tutte le superfici l’Electronic Line Calling live, comunemente conosciuto come “occhio di falco” che sostituirà i giudici di linea. Come avviene già in alcuni tornei dello Slam e nei Masters 1000 più importanti, le chiamate saranno automatiche e ai giudici di sedia spetterà soltanto il compito di gestire gli aspetti regolamentari dei tennisti in campo. Un’ottima soluzione per ridurre gli errori arbitrali con l’intelligenza artificiale a cui niente sfugge, eccetto le emozioni: quelle, nel bene e nel male, restano solo prerogativa dell’umana comprensione.