Jannik Sinner, tra ragione e sentimento

Il 4 è un numero pratico e materiale.  Di norma chi lo possiede si dice sia ordinato e meticoloso, pratico e organizzato. Il quattro come moltiplicazione del due è caratterizzato da una sensibilità che diventa meticolosità, una doppiezza che si compensa creando stabilità ed equilibrio. Con questo significato il 4 è un numero che calza davvero a pennello al nostro  Jannik Sinner, che al China Open ha raggiunto il suo best ranking e ha agguantato il primato di Adriano Panatta nella storia del tennis italiano. Sulla Via della seta Sinner ha riscritto un nuovo percorso eguagliando il miglior piazzamento di un tennista azzurro raggiunto nell’ormai lontano 1976 proprio da Panatta, andandosi così a inserire nel novero dei 5 giocatori professionisti entrati tra i primi 10 della classifica ATP, insieme a Barazzutti, Fognini e Berrettini. 

Ma nessuno dei suoi predecessori incarna pienamente i tratti simbolici di quel numero conquistato in classifica. Jannik è pragmatico e razionale, è un giovane che fa della ragione il suo carattere distintivo e  che difficilmente, nel prendere le decisioni, si fa trascinare dalle emozioni. In questi anni, nonostante la giovane età, ha dato innumerevoli prove di saper discernere anche nei momenti più complicati cosa è meglio fare, con precisione e lucidità. Un marchio di fabbrica che ha permesso di tessere lodi sperticate al giovane altoatesino per quell’approccio maturo e responsabile al logorante mondo del tennis.

Una sorta di ragion pratica che guida i comportamenti di Jannik in base all’esperienza e a un innato senso del dovere che lo hanno consegnato ai vertici della classifica mondiale. Eppure è stata proprio quella sua incrollabile determinazione a trascinarlo al centro di aspre polemiche per la mancata partecipazione alla Coppa Davis. Sarà stata una questione di obiettivi, di priorità dettate dalla ferrea programmazione degli eventi, ma la decisione meramente pratica di Jannik di lasciare il posto in nazionale ai colleghi finisce per scontrarsi con il puro sentimento, con quell’istinto e quella sensibilità da cui spesso un pensatore razionale rifugge. I tifosi tutto cuore e passione hanno mal digerito il sacrificio del tricolore in favore del rispetto dei programmi di calendario.

A nulla è servito l’estremo tentativo di difesa di Volandri e il moto d’orgoglio della squadra azzurra che è riuscita comunque a centrare l’obiettivo qualificazioni. Le ragioni di Jannik sono finite sotto processo nel momento in cui il suo più grande pregio si è tramutato in un imperdonabile difetto. La concentrazione e la serietà tanto osannate nel giovane di San Candido, con un micidiale effetto boomerang, vengono adesso interpretate come un sapiente calcolo o un semplice opportunismo. Più probabilmente, come spesso accade, la verità sta nel mezzo e ancora Jannik non ha trovato il giusto equilibrio tra ragione e sentimento, tra risultati ATP da onorare e il cuore della gente da riscaldare. Senza dubbio, da ragazzo saggio e intelligente qual è, saprà fare tesoro di quanto capitato.

Nel frattempo però i suoi risultati strepitosi sono un’ottima risposta per tacitare le critiche e un rimedio infallibile per placare le polemiche. La vittoria in finale contro Medvedev a Pechino rappresenta per Jannik non solo una importante rivincita contro il temibile rivale russo ma soprattutto il segno di una eccezionale maturazione tennistica. Arriverà il tempo in cui il sentimento troverà il giusto spazio, in cui il meticoloso rigore si smusserà creando un ordine perfetto capace di conciliare emozione e razionalità. E allora il pragmatico numero 4 non sarà più sufficiente a raccontare le mille sfaccettature del tennista Jannik, pervaso dal sentimento e guidato dalla ragione. Gli avversari sono avvisati!

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