Anche nel tennis ci vuole un fisico bestiale

Si dice che il tennis sia uno sport mentale dove l’equilibrio dello spirito riveste un ruolo decisivo per la conquista dei risultati. La verità invece è che nel tennis ci vuole anche un fisico bestiale.

Non solo “per stare dritti controvento o per resistere agli urti della vita” come cantava Luca Carboni. Nel tennis di oggi gli scambi sono diventati micidiali e le sollecitazioni muscolari ai limiti della umana sopportazione. Secondo alcuni l’aumento esponenziale degli infortuni tra i giocatori sarebbe colpa della mancanza di uniformità delle palline, per altri dipenderebbe dal calendario fitto di irrinunciabili competizioni.

Discorso a parte meritano invece le racchette, in lega di carbonio o grafite, oramai sempre più performanti. Se la tecnologia fa continui progressi e permette di potenziare incredibilmente i colpi degli atleti grazie a strumenti sofisticati, va da sé che il corpo umano, per quanto ben allenato, è rimasto sempre il solito! Fatto sta che gli infortuni tra i tennisti sono sempre più frequenti e trasversali. 

Non tutti poi possiedono la forza fisica e l’energia mentale per risorgere come l’araba fenice dalle ceneri degli infortuni. Lo stesso Rafael Nadal che ha fatto sua l’antica arte giapponese del kintsugi ricomponendo da una vita i cocci del suo corpo martoriato da una logorante tecnica di gioco, sembra oggi fare una gran fatica per tornare in campo. Ma a 37 anni non si possono pretendere miracoli. Il problema è che a infortunarsi, restando assenti per mesi dal rettangolo di gioco, sono giovani tennisti, anzi, giovanissimi in molti casi. In pochi sembrano salvarsi dalle avvolgenti spirali degli infortuni. Spicca ad esempio bloccato in infermeria il giovane Alcaraz: lo spagnolo ha un problema alla fascia plantare del piede sinistro oltre a un affaticamento alla parte bassa della schiena e per questo ha dato l’annuncio sui social del forfait dal torneo svizzero di Basilea, in programma il 21 ottobre. Chissà a questo punto se il numero 2 del mondo riuscirà a recuperare in tempo per Parigi-Bercy,ultimo Masters 1000 prima delle Finals torinesi del 12-19 novembre. Nella fabbrica degli infortuni staziona stabile anche il nostro Jannik Sinner, addirittura irriso dall’avversario Evans durante il match a Pechino per gli evidenti problemi fisici alla gamba.

A dire il vero fin da inizio stagione Jannik si è trovato a combattere contro vari acciacchi: dall’anca, al ginocchio, passando per i crampi per poi concludere coi problemi alla coscia. Malesseri che per fortuna non gli hanno impedito di raggiungere uno strepitoso quarto posto nel ranking mondiale. Chi invece sta precipitando in classifica è lo sfortunatissimo Matteo Berrettini. Il 2023 è stato davvero un annus horribilis per il romano perché, dopo un precario avvio di stagione, l’infortunio subito a New York con il ritiro dagli US Open lo sta tenendo ancora lontano dai campi. Matteo, infatti, dopo aver rinunciato all’ATP di Stoccolma dovrà saltare anche Vienna, lasciando molti dubbi sulla sua partecipazione alla Davis. Davvero un anno da dimenticare per Matteo! Ma i problemi fisici non colpiscono solo in casa Italia: dopo essere stato a lungo lontano dai campi per problemi al polso emersi nel corso degli Australian Open, lo statunitense Sebastian Korda ha accusato un infortunio alla caviglia contro il francese Gasquet all’ATP di Winston-Salem che lo ha costretto all’ennesimo stop stagionale. Un altro giovanissimo talento infortunato è infine Holger Rune.

Il ventenne danese sta lottando contro una brutta infiammazione alla schiena manifestatasi a maggio durante gli Internazionali d’Italia al Foro Italico. Il teenager, ben lontano dalla forma migliore, sembra arrancare ad ogni incontro mancando di centrare quei risultati a cui ci aveva abituati. Ma a fronte di giovani cagionevoli, il circuito è ancora popolato da arzilli “vecchietti” che, centellinando le competizioni, seguendo diete taumaturgiche e dedicandosi a meditazioni rigeneranti, continuano nonostante il tempo a dare del filo da torcere agli avversari. Forse perché se è vero che “il mondo è un grande ospedale e siamo tutti un po’ malati” è altrettanto vero che per avere un fisico bestiale “dobbiamo essere anche un po’ dottori”, di noi stessi.

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