[1] C: Alcaraz b. [3] D. Medvedev 6-3 6-3 6-3
Carlitos è pronto. Il giorno in cui si festeggia l’incredibile trentacinquesima finale slam di Novak Djokovic, Alcaraz ci ha tenuto a ricordare che almeno fino a domenica pomeriggio il numero 1 del mondo è lui e che soprattutto non sarà facile arrivare all’ottavo titolo per il servo. Opposto a Daniil Medvedev, numero tre del mondo ma vedrete che dopo l’estate americana sarà più in alto, Alcaraz ha vagamente sofferto solo nei primi game del match, quando le straordinarie capacità di recupero del russo hanno costretto lo spagnolo ad alzare ulteriormente il ritmo e soprattutto a tirar fuori quasi tutto il completo arsenale di colpi che possiede. Quindi palle corte, attacchi in controtempo, terribili accelerazioni di dritto e rovescio, e persino serve&volley. Medvedev per una mezzoretta scarsa è riuscito a mandare dall’altra parte un nugolo di palline ma nell’ottavo game Alcaraz ha ulteriormente accelerato e buonanotte ai suonatori.
Medvedev che in fondo odia l’erba meno della terra, ha provato a prendersi il suo tempo alla fine del set ed è tornato in campo cercando di rimanere aggrappato al servizio. Ha pure avuto la palla break Daniil, ma quel demonio ha messo prima un ace, poi una volée bassissima tirata su dai piedi dopo un servizio a uscire e quindi una meravigliosa palla corta di rovescio. Nel game successivo Carlos ha continuato quella che a tratti è stata una vera e propria sinfonia ed è andato avanti di un break. Lo show è continuato per un’altra quarantina di minuti, e l’unica emozione – al di là del piacere per alcuni scambi davvero di livello altissimo, grazie ad Alcaraz – riguardava l’esatto risultato con cui si sarebbe chiuso il match, anche perché Medvedev si è via via scoraggiato, sembrando del tutto disarmato. Neppure il controbreak del quinto game del terzo set, con il solito passaggio a vuoto di Alcaraz, ha particolarmente smosso il russo, che è stato immediatamente assalito dallo spagnolo, per ristabilire le distanze. Ciononostante Alcaraz ha fatto un po’ di confusione, perdendo ancora il servizio, cosa che non gli ha impedito di chiudere set e partita senza particolari rischi.
Alcaraz arriva alla finale avendo smarrito solo un paio di set – forse ora si comprende meglio l’impresa di Berrettini – e senza mai aver corso rischi reali, nonostante gli sia capitato un tabellone poco compiacente. Per il russo, che ha un gioco che sull’erba diventa complicatissimo, la soddisfazione di aver fatto per intero il suo dovere e rafforzato la terza posizione del ranking, probabilmente il massimo a cui aspirava.
La finale che tutti volevano – magari tranne gli italiani – quindi comincerà puntuale il 16 luglio sul Centre Court di Wimbledon. Se dovessimo guardare i numeri naturalmente non ci sarebbero dubbi nell’indicare Djokovic favorito. Ma se guardiamo il torneo, lo stato di forma dei due, il modo con cui sono arrivati in finale con avversari non paragonabili come valore, viene quasi da dire che stavolta neppure i crampi potrebbero essere sufficienti a salvare Djokovic. Quel che è certo è che se entrambi ripetono la prestazione della semifinale Alcaraz festeggerà il suo primo Wimbledon. Ma mancano ancora poco più di 40 ore all’inizio di una partita che in ogni caso sarà ricordata per sempre, e il modo con cui ci arriveranno sarà determinante per indirizzare il match.
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