Ma come sta davvero Matteo Berrettini, dopo l’annunciata positività al Covid-19? Le voci sono un pò come quelle di Fantozzi nella celebre Italia-Inghilterra, giocata nel bel mezzo dell’ennesima proiezione della corazzata Potemkin, definiamole “disparate”.
Ovviamente qui in sala stampa a Wimbledon chi più chi meno ha tentato dei timidi contatti sia con Berry sia con il suo entourage, non troppo accentuati, anche per rispettare la privacy in un momento umanamente e sportivamente delicato come quello che può essere un forfait all’inizio del torneo della vita, più o meno. Dunque, guanti di velluto.
La domanda, a dire il vero, non è come sta ora, ma come stava ieri. Poteva giocare o no? Era in condizioni di farlo? E’ stato fin troppo onesto e bravo ragazzo per come lo conosciamo e per come amiamo Matteo? Ha poca importanza, ora, certo, ma vale la pena forse ricostruire gli ultimi giorni, quelli che hanno portato al forfait di Berrettini.
Giovedì è il giorno dell’allenamento con Nadal, sorrisi e scambi sul Centrale, prima volta nella storia. Fin lì tutto bene. Da quello che risulta, venerdì pomeriggio iniziano i primi sintomi. Niente di grave, si pensa, tutto normale. Arriva però la febbre. E lì iniziano i primi problemi.
Sabato e domenica si passano chiusi in casi, sempre con dei sintomi (non gravi, ma nemmeno leggerissimi a quanto pare), lunedì annullati allenamenti. Pe tre giorni, prima del torneo più importante della sua vita, Berrettini non tocca letteralmente racchetta. Martedì, ieri, fa il tampone. Positivo. E qui si comporta da Matteo: avverte tutto col cuore spezzato e dà forfait per non rischiare di contagiare nessuno e di non compromettere la salute dei colleghi.
Questa è la storia, più o meno risaputo. Ora entriamo nel campo delle versione. La prima: Berrettini ha la febbre oltre i 39, non poteva certo giocare in queste condizioni, anche se avesse voluto.
Ecco, sull’anche “avesse voluto”, c’è da fare un ulteriore distinguo: gli organizzatori, avvertiti, hanno alzato spallucce e hanno detto più o meno “fai come vuoi, a tua coscienza”. Stessa cosa che hanno detto anche agli altri giocatori. In Inghilterra non c’è più la quarantena per i positivi, ma solo “consigli di isolamento”. Che nessuno rispetta, tranne in caso di sintomi forti.
Anche tra i tennis (Cornet insegna) c’è chi l’ha rispettata e chi no. Questa, è notizia certa.
Un’altra versione dei fatti è che Berrettini ieri stava bene (per quanto acciaccato) e che poteva scendere in campo, almeno fisicamente. Di fronte la positività, però, ha comunque deciso di non rischiare lui e di non rischiare di causare danno agli altri.
Comunque la si guardi, comportamento irreprensibile da un punto di vista umano, ma la domanda è un’altra: è un comportamento anche da vincente? Djokovic o Nadal cosa avrebbero fatto? In caso fosse stato fisicamente in grado di scendere in campo, valeva la pena rischiare? Ai posteri l’ardua sentenza. Con ognuno la sua coscienza e le sue idee.
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