Grandi amici e compagni di doppio, Jannik Sinner e Hubert Hurkacz si troveranno di fronte domenica sera per giocarsi la finale del torneo ATP Masters 1000 di Miami, uno dei più prestigiosi al mondo.
Entrambi da esordienti e senza precedenti. I due, infatti, pur facendo coppia nei tornei di doppio, hanno giocato anche settimana scorsa a Dubai, non hanno mai incrociato le racchette in un tabellone del singolare. Domenica, quindi, non potranno più stare dalla stessa parte della rete e, pur conoscendosi a menadito, dovranno trovare il modo per superarsi. «Jannik è una grande persona. E’ super calmo, super rilassato quando gioca. Scherziamo spesso, siamo buoni amici, quindi gli auguro buona fortuna», ha detto ridendo Hurkacz.
L’occasione, del resto, è ghiotta. I due arrivano all’atto conclusivo del torneo da outsider, da ‘underdog’ se vogliamo utilizzare una parola cara agli americani, rendendosi protagonisti di due cavalcate ricche di scalpi pregiati. E’ giusto ricordare in questo senso l’assenza di tanti big, da Djokovic a Federer, da Nadal a Thiem, ma per battere giocatori di grande talento e forza come Khachanov e Bautista Agut (Sinner), Rublev e Tsitsipas (Hurkacz) bisogna giocare il miglior tennis possibile, senza sbavature e a ritmi altissimi e altisonanti. E i due lo hanno fatto perchèé, come ha ricordato ancora il polacco (ma vale anche per l’italiano) «ora sto vivendo il momento giusto».
L’altoatesino, 19 anni, procede nel suo rapido processo di sviluppo. Il «progetto Sinner» aggiornato al 3 aprile, consta di due tornei vinti (Sofia e Melbourne 1), alcuni piazzamenti nei tornei dello Slam, alcune vittorie importanti contro giocatori da top ten e, ora, la prima finale di un torneo Master 1000. Il ranking mondiale lo colloca in 31esima posizione ma da lunedì lo si vedrà almeno dieci posizioni avanti. «E’ bello, ma non significa nulla», ha detto dopo la battaglia infinita con Bautista Agut (5-7 6-4 6-4). «La strada per diventare un grande nome è lunga. Non si fa in una settimana di un torneo». Stavolta nessuna metafora ardita, come avvenuto a Marsiglia dopo la sconfitta con Medvedev: «Sto pelando le carote, ma almeno sono in cucina». La ricetta, cuoco Jannik, anche se non siamo giudici di Masterchef, sembra procedere bene.
E non si deve credere troppo a quelli che lo descrivono come un «freddo automa» dalla personalità inscalfibile. Contro lo spagnolo una racchetta stava per volare dalle sue mani per infrangersi sul cemento del torneo americano. Alla fine, però, è rimasta salda nelle sue mani, intatta e preziosa. Perchè Sinner non è freddo ma semplicemente, e quasi sempre, in assoluto controllo di ciò che fa. «Sei disumano», gli ha detto scherzando il kazako Bublik al termine del match dei quarti a Miami. E non parlava dell’uomo ma del tennista la cui filosofia, espressa ai microfoni del torneo in Florida, è molto chiara: «Un game non è finito quando sei sotto 0-40». Anche Bautista Agut ora lo sa.
Anche per Hurckacz, 24 anni, polacco di Wroclaw, quella di Miami è la prima grande occasione della carriera. Come Sinner ha vinto due tornei, Winston-Salem e Delray Beach, e nel ranking occupa la posizione numero 37. La partita contro di lui potrà aggiungere altri elementi nel completare il puzzle del «progetto Sinner». Il tennista italiano dovrà fare i conti con un servizio devastante, l’avversario è un gigante di 1.96 che tira dei missili di difficile lettura, e non pensare alle chiacchierate, alle risate, alle condivisioni nel circuito con quello che è, a tutti gin effetti, un suo amico. Stavolta sì, forse, che dovrà ascoltare quelle voci che lo descrivono come un automa, freddo e glaciale, capace solo di esprimere quel tennis che lo sta portando, a piccoli passi, nell’Olimpo dei migliori. O forse, cosa ancora più interessante per chi guarda e tifa, farà apparire sul suo volto qualche emozione in più. Quella che ci ricorda che si tratta, comunque, di un ragazzo di appena 19 anni.
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