Ammettiamolo: nessuna città al mondo rappresenta nell’immaginario collettivo meglio della spumeggiante Miami l’ideale connubio tra spiagge, mare, vita notturna e l’inconfondibile atmosfera cubana che si aggira languida tra i quartieri. Un invitante e reale paese dei balocchi da vivere sulle note di “Welcome to Miami, bienvenidos a Miami”, l’accattivante tormentone anni novanta di Will Smith, sintesi perfetta della patinata vita di South Beach. 

Con questo spirito festoso riapre i battenti il Miami Open nella sfavillante location dell’Hard Rock Stadium, combinando insieme l’entusiasmo giocoso dei vicini Caraibi e il gusto modaiolo della Florida, uno stato in cui le restrizioni anti Covid sono tutto sommato meno severe che altrove. Infatti il rivale californiano Indian Wells non si disputerà per il secondo anno consecutivo a causa delle più rigide restrizioni per la crisi pandemica. Anche quest’anno niente “sunshine double”. 

Ecco allora che Miami prova a sfoderare tutte le sue armi migliori per sedurre i tifosi e non far rimpiangere la doppia programmazione. Purtroppo però, nonostante i buoni propositi, il torneo deve fin da subito fare i conti con gli effetti collaterali del virus.

Infatti, proprio come degli abbacchiati impiegati in smart working, anche i nostri beniamini sono alle prese con la gestione di un universo tennistico stravolto dalla pandemia, con una diversa modalità di lavoro in continuo divenire e non sempre prevedibile. Diventa più complicato rispettare impegni e definire i programmi, dovendosi destreggiare tra tamponi, quarantene e allenamenti contingentati.

Facile quindi trovarsi a convivere con malumori e difficoltà, oltre che con vari tipi di infortuni. Mai infatti come in questo periodo tenniste e tennisti lamentano strappi, stiramenti, dolori e acciacchi vari, conseguenza di quarantene pre torneo e preparazioni atletiche rese difficoltose anche da una condizione mentale non ottimale.

Siamo tutti vittime delle restrizioni, di bolle che iniziano col limitare il nostro spazio fisico ma finiscono poi per tradursi in malesseri dell’anima: un invisibile filo rosso lega corpo e mente in una condizione di latente sofferenza generale. Nessuno ne rimane escluso, campioni compresi.

Il tabellone del Miami Open, pur annoverando eccellenti atleti, è rimasto via via privo di nomi illustri decimati da infortuni e inquietudini. Per cominciare, nessuno dei tre leggendari veterani figura nel main draw: dal detentore dell’ultimo titolo, un Federer non ancora pronto al rientro definitivo, a Nadal bloccato dal mal di schiena, fino a Djokovic che ha preferito restare a casa con la famiglia.

Del Potro e Wawrinka hanno invece dovuto operarsi, rispettivamente al ginocchio e al piede, sacrificando Miami per rientrare prima possibile e non perdere il resto della stagione. Molti altri assenti invece si sono giustificati perché dediti alla preparazione per gli imminenti tornei sulla terra rossa.

Non usa alibi invece l’austriaco Thiem che ammette di stare attraversando  un momento difficile di cui risente inevitabilmente anche la sua attuale forma fisica. Impossibile non cogliere in questa ammissione una profonda inquietudine.

Trapela anche tanta tensione come quella che Zverev scarica tutta sul malcontento per la classifica falsata dal congelamento dei punti: ma lo stress presenta il conto e il tedesco esce sconfitto a sorpresa al primo turno. Colme di nervosismo anche le uscite furiose di Pospisil nei confronti della Atp, salvo poi scusarsi per lo sfogo inappropriato.

Tutti segnali di un disagio che non risparmia neanche coloro che, come gli incrollabili campioni della racchetta, fanno della forza mentale il proprio credo. Per molti giocatori in difficoltà altri hanno invece dato prova di trovarsi perfettamente a proprio agio nella East Coast, spadroneggiando sul Grandstand come suadenti Don Johnson in Ferrari per le strade di Miami Beach. Come i fascinosi poliziotti di Miami Vice Rico e Sonny, le due giovani  rivelazioni Sinner e Hurckaz hanno sconfitto turno dopo turno  avversari blasonati, dimostrando una micidiale determinazione e una maturità inversamente proporzionale alla loro età.Rispetto ai colleghi tennisti sull’orlo di una crisi di nervi o bloccati in infermeria i due inaspettati finalisti possono davvero concedersi un brindisi con un colorato Miami Ice a bordo piscina. In testa le note di un vecchio tormentone, mai stato così invitante e profetico: “Welcome to Miami, bienvenidos a Miami”.


Annalisa Migliorini

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