[17] S. Williams b. [19] A. Sevastova 6-3 6-0
Manca sempre meno, e questa volta la sensazione è che molto difficilmente Serena Williams si lascerà sfuggire l’opportunità. La regina del tennis femminile può sbagliare una partita, una finale Slam, ma due di fila è veramente improbabile. Ci riuscì soltanto nel 2016 quando perse sia a Melbourne che a Parigi contro Angelique Kerber e Garbine Muguruza, a dimostrazione che nello sport non è mai troppo presto per rimanere sorpresi, ma questa Williams ha dimostrato di voler mettere in campo tutta la propria dedizione per rientrare ad alti livelli.
A un anno esatto dall’aver partorito la prima figlia Alexis Olympia e con tutti i discorsi che potrebbero intrecciarsi, compreso il titolo Slam numero 24 che è una delle ragioni per cui possiamo definirla una mamma “part-time” (non diteglielo, o giustamente si arrabbierà), New York può essere il teatro perfetto per questa ciliegina sulla torta che chiuderebbe forse il cerchio più difficile di una carriera fatta di successi e trofei, ma anche di pesanti infortuni.
È la più forte, e una sera di più ha tenuto a dimostrarlo. Anastasija Sevastova, ottima protagonista di un torneo che per lei comunque non può che essere chiuso col sorriso, ha approfittato di una lenta partenza della statunitense tra un footwork molto lento e colpi ancora arrugginiti. Ma dal secondo game di servizio, sul 2-0 Sevastova, la musica ha cominciato a cambiare. Il copione era molto semplice: la pesantezza di palla e il ritmo di Serena avrebbero spezzato ogni iniziativa della lettone, molto leggera come colpi, che sarebbe stata alla lunga dominata dalla superiorità della ex numero 1 del mondo.
Appena il servizio di Williams ha cominciato a gestirsi sulle 115 miglia orarie, in risposta Sevastova non è più riuscita a rendersi pericolosa. La sua varietà, arma che poteva sfruttare per tenersi a galla, si è manifestata sulla smorzata che ha cancellato la prima chance del controbreak, ma alla terza la statunitense ha preso il volo. Un parziale complessivo di 5 game la portava sul 5-2, dove la lettone riusciva a interrompere il tutto con un comodo game al servizio. Da lì non ne otterrà più uno. Per far capire quanta differenza e quanto facilità avesse la beniamina di casa, ci sono 28 discese a rete su cui lei stessa ha scherzato nell’intervista a bordo campo: “Beh, ho vinto qualche titolo in doppio per cui so come fare le voleè, solo che normalmente vado a rete solo per stringere la mano all’avversaria, quindi sono molto sorpresa”.
La partita è finita nei primi game della seconda frazione. Eppure, a voler guardare i semplici numeri, il 6-3 6-0 finale sembra quasi eccessivo visto che di 100 punti giocati Sevastova ne ha vinti addirittura 40. La cara vecchia (e tacita) regola che nel tennis i punti sono tutti uguali ma non tutti hanno lo stesso valore: Serena ha vinto tutti quelli più importanti. Un’ora e sei minuti di gioco per la semifinale probabilmente più comoda da queste parti, lei che ne ha giocate 12 totali con oggi, 9 di queste consecutive. Sabato sera dunque giocherà per lo Slam numero 24 e se a Wimbledon c’erano tanti asterischi sul raggiungimento dell’ultimo atto per via di un tabellone che non le ha dato top-50 prima dei quarti di finale e fisicamente, come ammise lei stessa, era molto lontana da una buona condizione, qui il sapore e le sensazioni sono molto diverse. Una partita sola, una vittoria, e sarà storia.
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