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Statistiche della settimana: Isner e Stephens in paradiso, torna la doppietta Usa a Miami

Dopo 14 anni torna a registrarsi una doppietta americana a Miami, la qual cosa all’inizio del terzo millennio divenne una consuetudine ripetendosi consecutivamente per 4 volte dal 2001 al 2004:

In campo maschile abbiamo assistito ad una sorpresa difficile da pronosticare. John Isner, uno dei tennisti più corretti e amati del circuito, alla soglia dei 33 anni conquista il successo più importante della sua carriera vincendo per la prima volta un Masters 1000, dopo tre finali perse (Indian Wells 2012, Cincinnati 2013 e Parigi-Bercy 2016). Nell’anno in cui, per la prima volta dal 2010, il torneo non vedeva in finale uno dei Fab Four, il gigante della Carolina del Nord ha piazzato in finale la stoccata decisiva, in rimonta, frenando il rilancio di Alexander Zverev, esponente principale della Next Gen e numero 4 del mondo, che dopo un inizio di stagione decisamente inferiore alle attese, puntava da favorito alla terza vittoria in un “1000”, che avrebbe seguito quelle di Roma e Montreal dello scorso anno.

Col successo di ieri Isner è il secondo tennista over 30, dopo il sudafricano Anderson, a fare ritorno tra i Top Ten dall’inizio dell’anno, al numero 9, eguagliando così il suo best ranking che raggiunse per la prima volta nell’aprile 2012.

Federer che ancora non aveva smaltito la delusione cocente dei due match point sprecati nella finale a Indian Wells contro Del Potro, si è fatto sorprendere all’esordio dal rientrante australiano Kokkinakis che poi ha pagato dazio, al turno successivo, contro Verdasco. Per effetto di questo scivolone imprevisto, lo svizzero cede, per soli 100 punti la testa del ranking al convalescente Nadal cui lascia la rappresentanza dei Fab Four (per quel che rimane) da qui a quando si tornerà a brucare l’erba, sperando di riprendersi lo scettro mondiale laddove lo spagnolo non riesca a ripetere la fantastica stagione sulla terra dello scorso anno in cui totalizzò bel 4680 punti, conquistando Montecarlo, Barcellona, Madrid e il Roland Garros, mancando la vittoria solo a Roma dove fu vittima di Thiem nei quarti di finale.

Smaltita la sbornia da Slam dopo il clamoroso quanto meritato trionfo nell’ultimo Us Open, la 25enne Sloane Stephens, battendo in finale la ventenne lettone Ostapenko, vince a Miami il suo primo Premier Mandatory ottenendo in dote per la prima volta un posto tra le Top Ten, al numero 9, alle spalle della connazionale Venus Williams.

La vittoria della tennista americana acquista ulteriore prestigio per effetto degli avversari incontrati: tre Top Ten a partire dagli ottavi – Muguruza (3), Kerber (10), Ostapenko (5) – cui ha lasciato 17 game in tutto, sono scalpi di prima grandezza, cui si è aggiunto in semifinale, quello della ex numero uno Viktoria Azarenka che a sua volta è apparsa, con sommo gaudio di tutti gli appassionati, in netta ripresa.

Con la vittoria di ieri la Stephens si conferma cecchina infallibile centrando il sesto successo in sei finali disputate:

Considerato che, a detta della stessa atleta, la terra rossa è la superficie preferita dalla Stephens, ci sono alte possibilità di vederla protagonista di primo livello anche a Roma dove manca da 3 anni.

La Ostapenko è la terza delle quattro finaliste dei due Premier Mandatory disputatisi quest’anno sul cemento americano a essere nata nel 1997, dopo Osaka e Kasatkina che hanno disputato la finale di Indian Wells, a conferma di un avanzata molto interessante della Next Gen al femminile.

Tra le note positive del torneo le prestazioni incoraggianti di Radwanska, che ha determinato una delle sorprese maggiori battendo al terzo turno la numero uno del mondo Simona Halep prima di cedere alla Azarenka.

Torneo degli italiani

Italia non pervenuta: anche a Miami, come già accaduto a Indian Wells, l’Italia non è praticamente scesa in campo. Camila Giorgi ha segnato, senza fortuna, l’unica presenza azzurra tra le donne, uscendo all’esordio contro un avversaria (la croata Vekic) che sulla carta era certamente alla sua portata ma che in realtà l’ha quasi spazzata via dal campo rifilandole anche un bagel nel set iniziale.

Si sperava in Fognini tra i maschi ma purtroppo il tennista ligure anche questa settimana non è riuscito a riscaldare i cuori dei suoi tifosi, offrendo una prestazione incolore contro un Kyrgios appena sufficiente, mostrando come talora gli capita scarsa voglia di combattere.

Il bilancio complessivo della campagna di marzo in terra americana segna per gli azzurri un vero tracollo rispetto allo scorso anno con due soli match vinti rispetto ai 12 del 2017 e con una performance dimezzata dal 50 a 25%.

Per ritrovare un resoconto analogo per i nostri colori occorre risalire al 1997, quando nei due tornei complessivamente si registrarono due sole vittorie, entrambe tra le donne (Farina a Indian Wells e Perfetti e Miami) a fronte di 9 sconfitte (2 in campo maschile e 7 tra le donne).

Altri numeri:

2 – I matchs vinti da Agnieszka Radwanska contro una numero uno del mondo: prima del successo della settimana scorsa al terzo turno contro la Halep (3-6 6-2 6-3), la tennista polacca aveva battuto la Wozniacki nei quarti del torneo di Sidney del 2012. 17 le sconfitte.

2 – Le sconfitte che Federer da numero 1 del mondo ha subito in carriera per mano di tennisti con un ranking superiore alla 100sima posizione: da Gasquet (101) nei quarti a Montecarlo nel 2005 e da Kokkinakis (175) all’esordio a Miami la settimana scorsa.

4 – Gli over 30 tra i Top Ten: Nadal (1), Federer (2) Anderson (8) e Isner (9).

7 – Le sconfitte di Federer da numero 1 all’esordio in un torneo.

14 – Gli anni trascorsi da quando (Bercy 2004) i Fab Four non vinsero neanche un match in un Masters 1000. In quella occasione erano tutti assenti.

18 – Gli head to head tra Azarenka e Radwanska. Per effetto della vittoria della tennista bielorussa negli ottavi, il bilancio complessivo sale a 13 a 5 a favore di quest’ultima.

Giancarlo Di Leva

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