L’ex numero tre del mondo dal 2016 viaggia insieme a Federer e fa parte del suo team, affiancando lo storico Severin Luthi, come coach del nuovo numero uno del mondo. Il croato è stato intervistato dall’ATP subito dopo il torneo di Rotterdam e il conseguente ritorno al numero uno del mondo dell’amico e ora giocatore che allena.
“Quando si parla di allenare ad alti livelli devi stare molto ad ascoltare,” così ha detto Ljubicic dopo il 97° titolo di Federer. “La cosa più importante è capire un giocatore. Lo fai per capire come aiutare il giocatore”.
“La differenza più grande tra giocare ed allenare è che il giocatore è il capo,” prosegue Ljubicic. “Il giocatore deve essere mentalmente forte, il condottiero, perché in campo sarà lui a prendere tutte le decisioni. Dopo, come coach, devi tirar fuori la sua personalità e renderlo sicuro di tutto, per competere meglio come giocatore ed essere una persona migliore”.
“La parte più difficile è capire dove è il limite, dove puoi lasciar andare o fermarti e dire qualcosa. È sicuramente la parte più complessa del lavoro”. Infine ha concluso dicendo: “Come allenatore non puoi pensare a te stesso, essere egoista. Altrimenti non funziona lavorare così. Bisogna capirlo ed è ancora meglio per un giocatore sbagliare facendo qualcosa di contrario rispetto a ciò che il coach pensa. È il giocatore che entra in campo e vince le partite. Ho ricoperto vari ruoli nella mia carriera, ma continuerò a pensare che sono i giocatori a condurre lo show”.
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