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Mertens, quando l’impresa eccezionale (dammi retta) è essere normale

Per qualche motivo, oggi, va tanto di moda Lucio Dalla. Per carità, dovrebbe essere così praticamente ogni giorno. Comunque, in sala stampa, alle volte per isolarsi dal possibile rumore dei colleghi vicini capita di mettersi le cuffie e scegliere una play-list di canzoni che possano ispirare qualcosa e dare un giusto ritmo al proprio lavoro. Oggi è la volta di un grandissimo della musica italiana, che ancora rimpiangiamo da matti. Dalla ha scritto canzoni di ogni genere, tema, sensazione e, per quanto “Disperato Erotico Stomp” sia particolare, c’è un verso che si stampa alla perfezione sul profilo di Elise Mertens, una delle ragazze più semplici che si possono trovare nel circuito WTA.

Nata a Lovanio, nel 1995, ha cominciato l’attività nel circuito maggiore relativamente tardi (nel 2015) ma in due anni è arrivata in top-50 con un titolo in bacheca (rocambolesco, a Hobart 2017). Oggi il 6-3 6-0 a Elina Svitolina ha avuto tutto: semplicità nel gioco, facilità nel comandare, bravura mentale nel momento in cui aveva preso margine nel secondo set e non ha comunque tolto il piede dall’acceleratore, continuando a giocare alla ricerca del punto, prendendosi il 6-0 conclusivo che suggella “quella che è la mia vittoria più bella: lei è bravissima, difensivamente e offensivamente”. Finita, ha esultato rivolta verso il suo angolo, un microcosmo belga con 3 bandiere sventolanti a festa per un traguardo che mancava da quasi 5 anni, da quel torneo incredibile a Wimbledon dove Kristen Flipkens raggiunse le prime 4.

Visibilmente emozionata nell’intervista in campo, estremamente rilassata e soddisfatta in conferenza stampa. Forse deve ancora realizzare, fermarsi un attimo e pensare a cosa ha raggiunto negli ultimi 12 mesi tra finali, titoli, numero 1 nazionale, top-100, top-50 e (probabilmente), top-20 a fine torneo. Eppure è apparsa con i piedi ben saldi per terra, con un carattere estremamente pacato, naturale, piacevole. Le domande fioccavano, lei era sempre molto contenuta, sorridente ed emozionata, a raccontare piccole storie di una vita come quella di chiunque di noi: la vita in un piccolo paesino (Hamont-Achel, 13.000 abitanti, paese confinante con l’Olanda), la gioia di poter abbracciare il cane che “è dei miei genitori, ma un po’ lo considero anche mio e gli voglio tanto bene”, i 20 minuti di macchina verso la Kim Cljisters Academy (“abito veramente vicino, è una fortuna perché passo poco tempo a casa”).

Dunque, il verso della canzone di Dalla: “Ma l’impresa eccezionale, dammi retta, è essere normale”. In un mondo dove ci si sente spesso l’imposizione di essere qualcuno, Mertens può rappresentare un’anomalia, un po’ come fu anche Angelique Kerber, o Simona Halep. Ragazze, sportive, che alla lunga emergono più per il gioco che per l’essere a lungo sottoposti alla notevole attenzione mediatica di questo momento storico, dove qualche follower in più o in meno è quasi come un titolo in più o in meno in bacheca. Adesso sarà chiamata a rispondere a tante domande, forse con anche qualche richiesta in più per sponsor e contratti, ma quello sguardo sembrava più che sereno, e l’amicizia con il suo idolo Cljisters è un biglietto da visita importante. Oggi, metà della conferenza si è basata su quel punto: chi è per te Kim? come l’hai conosciuta? cosa ti ha colpito? cosa ti ha scritto oggi dopo il match. Lei, Elise, sorrideva e rispondeva felice, ma senza mai strafare: “L’ho vista in tv, non ricordo quando fu perché avevo appena 5 anni. Mi alleno da lei, dunque sono sempre in contatto: mi fa sentire come a casa, in più quando sono ai tornei parliamo tantissimo. La sua esperienza è per me fondamentale”.

In un contesto come Hamont-Achel sembra esserci tutto il modo di vivere senza pressione un universo che sembra cucito perfettamente addosso a lei, in volo verso nuove vette assieme al coach, che è anche il suo fidanzato. L’alchimia sembra perfetta e, finché dura, tanto vale augurarle il meglio.

Dalla parte di Elina Svitolina invece sono soprattutto musi lunghi e un’enorme insoddisfazione. Doveva essere la sua giornata, senza troppi giri di parole, invece è la terza sconfitta (pesante) ai quarti di finale negli ultimi 4 Slam. L’ucraina era talmente delusa che si è subito fatta un’autocritica: “Mi era impossibile per me produrre del tennis decente. Lei è stata fantastica, dovevo avere un livello veramente alto per tenerle testa, ma non ce l’ho fatta e fisicamente ho sofferto questo”. Ricordando, probabilmente, che già ad inizio torneo aveva fatto un accenno a qualche noia fisica, un giornalista ha provato a chiedere se stesse male. Una domanda, due, tre. Alla quarta Svitolina ha vuotato quel sacco che voleva tenere per sé, forse per non focalizzare l’attenzione su altro: “È l’anca. Ho cominciato ad avere dei fastidi la scorsa settimana, ho fatto alcuni trattamenti e con gli antidolorifici potevo tranquillamente giocare, oggi invece è stato più forte. Devo vedere ora per il futuro, ma oggi mi era difficile servire e il dolore era forte quando giravo le anche”. Ha poi analizzato il match, dicendo che Mertens non le ha concesso neppure la minima chance di rientrare e che è stata perfetta: “Lei merita ogni complimento, ha giocato veramente bene e ha mostrato che se le viene concessa un’occasione può essere molto pericolosa e nell’ultimo anno è diventata veramente costante”.

L’ucraina sembra comunque aver capito una cosa: la sua carriera non può avere exploit estemporanei. Il suo tennis deve avere una grande costanza fisica, perché manca di colpi definitivi o soluzioni esplosive. Durante la off season ha lavorato tanto sotto quell’aspetto e qualche complicazione (come l’anca stessa, che ha rivelato oggi) c’è stata. È una bocciatura importante, ma se ha come obiettivo di diventare una giocatrice costante lungo tutto l’anno, come confessava a Brisbane, gli step che dovrà superare saranno ancor più importanti perché non sarà tanto questione di chi avrà davanti. Lo ha dimostrato nel 2017, finendo da imbattuta quando ha affrontato n.1, n.2 e n.3 del mondo e con un netto 8-1 nei confronti con le top-5, ma franando malamente nelle due importanti occasioni che ha avuto per issarsi fino alle semifinali di uno Slam.

Diego Barbiani

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