Novak Djokovic sta seriamente pensando di andare sotto i ferri per risolvere (o cercare di risolvere) il problema al gomito. L’ammissione è arrivata qui a Melbourne, dopo la sconfitta contro Chung negli ottavi di finale, ma non nelle conferenze stampa “di rito”, quelle che si fanno in lingua inglese, per intenderci, ma ai suoi connazionali serbi.
Dopotutto l’ex numero uno del mondo ha sempre avuto (giustamente) un rapporto molto stretto e privilegiato con i giornalisti del suo paese, tanto da lasciarsi andare, più volte, a sfoghi che di fronte al resto del mondo teneva dentro di sè. Era successo già qualche giorno fa, con la polemica sul prize money e l’associazione dei giocatori, e quella con il caldo.
Proprio su quest’ultima si potè notare quando la diplomazia dell’ex numero uno del mondo cambiasse da una conferenza (e da una lingua) all’altra, nel giro di pochi minuti. Con la stampa di tutto il mondo Djokovic ebbe sì parole dure contro certe scelte dell’organizzazione, ma con i giornalisti serbi arrivarono tuoni e fulmini, arrivando a dire che “trattano noi giocatori come dei cani”. Il motivo è abbastanza semplice: le parole della conferenza stampa ufficiale (leggasi transcript) sono lette in tutto il mondo, mentre quelle in serbo (non essendo propriamente una lingua conosciuta da tutti) rimangono diciamo così, confinate.
E poi, Novak ha sempre considerato giusto dare qualcosina in più ai giornalisti del suo paese. Fatta questa premessa, a microfoni (mondiali) spenti, Djokovic ha detto senza mezzi termini che ormai l’operazione è un qualcosa a cui non può fare a meno di pensare, visto che sì, è vero, è tornato a giocare, ma la situazione non è quella che vorrebbe. “Non sto bene, devo fare un’ecografia, riunirmi col mio team e valutare”, ha detto Djokovic, aggiungendo che è lontano, davvero lontano, dalla forma desiderata.
L’ex numero uno del mondo, nonostante tutto, ha lottato con un gran cuore contro Chung, lodandolo anche a fine match, ma era chiaro a tutti che quello andato in scena sulla Rod Laver Arena al quarto turno era solo una copia del dominatore assoluto visto fino a Parigi 2016. Parlando con un giornalista serbo, sembra che a preoccupare più Djokovic non siano tanto gli scambi (anche se pare senta ancora dolore, che gli impedirebbe di giocare come lui vuole) ma il servizio. La battuta è proprio una cosa che sembra inibire Novak, anche perché è evidente che ha cambiato (non di poco) il modo di servire. E questo si traduce in chance, grosse chance, offerte all’avversario. Nove doppi falli, di cui sette nel primo set, sono un chiaro segnale che qualcosa non va. E dunque il pensiero all’operazione che potrebbe, dovrebbe risolvere il problema, un po’ come Murray ha fatto con l’anca, ma potrebbe anche non risolvere. Senza dimenticare altri mesi persi, riabilitazione, dubbi e così via. Insomma, il sereno non sembra volere proprio tornare nel cielo di Novak Djokovic.
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