J. Goerges b. C. Vandeweghe 7-5 6-1
Lo scorso anno, di questi tempi, Julia Goerges navigava oltre la sessantesima posizione mondiale. A 28 anni, dopo alcune annate molto difficili, la sua carriera sembrava essersi arenata in una condizione che potremmo definire di “limbo”, tra la seconda e la terza fascia tennistica femminile. Poche luci, tante ombre. Un post su Twitter, sul finire del 2016, ringraziava i propri fan e prometteva massimo impegno per il 2017 dichiarando come obiettivo il rientro in top-20.
Un giornalista russo, Dmitry Shakhov, ci aveva parlato durante il torneo di Mosca dello scorso anno e quando poche settimane fa la tedesca trionfava proprio nella capitale russa lui stesso riprese quell’intervista commentando: “non avrei saputo fare profezia migliore”. I dati sono incredibili. A 29 anni Goerges si è inventata la miglior stagione della carriera: 5 finali, 2 trofei, il rientro in top-20 dopo 4 anni e in top-15 dopo 5. È lei la nuova campionessa del WTA Elite Trophy di Zhuhai, il “masterino” che chiude definitivamente la stagione femminile, e con i 700 punti ottenuti volerà da lunedì al numero 14 del ranking mondiale, posizione che equivale al suo nuovo best ranking, 5 anni dopo Indian Wells 2012.
Questa condizione fisica rivelatasi a tratti devastante, con l’andare avanti delle settimane, è cominciata a Maiorca dove conquistò la prima finale del 2017. Veniva da un Roland Garros deludente, dove la sconfitta per 13-11 al terzo set contro Madison Brengle fu veramente difficile da digerire. Eppure non molto tempo dopo cominciò ad infilare una serie di ottime prestazioni nei tornei minori, ma finale dopo finale si sentiva sempre più vicina a quel titolo che le sfuggiva da aprile 2011 (Stoccarda). A Bucharest perse contro Irina Camelia Begu, a Washington servì per il match ma venne sconfitta al terzo contro Ekaterina Makarova. Poi fine ottobre, il cemento indoor in Russia, un nuovo cammino senza difetti fino alla finale, dominata contro Daria Kasatkina, e a quell’esultanza così emozionante, con il cuore in gola sull’occhio di falco chiesto dall’avversaria e l’incapacità di manifestare un vero gesto di gioia tanto erano grandi (e importanti) le mille sensazioni che provava in quel momento (il video parte già dal match point).
A Zhuhai la magia è continuata e Julia è stata devastante per tutta la settimana. Zero set ceduti, molti parziali dominati. 6-1 a Magdalena Rybarikova, 6-2 a Kristina Mladenovic, doppio 6-3 ad Anastasija Sevastova in semifinale, 6-1 a CoCo Vandeweghe nell’ultimo set del suo torneo. Un numero enorme di vincenti, un gioco che non poteva essere fermato. I picchi erano pochi, perché la media del suo tennis era molto, molto più alta del solito. La stessa statunitense, arrivata alla finale dopo un’ottima settimana, ha dovuto cedere di netto dopo aver provato a fare una corsa di testa nel primo parziale. Sul 5-3, però, non ha saputo chiudere il parziale anche grazie ad una maggiore efficacia della rivale che nel complesso, dal 5-2, ha conquistato 11 dei successivi 12 game, chiudendo con una risposta incrociata di dritto fulminea.
Bella, per quanto diversa, anche questa esultanza. Rispetto a Mosca era sparita la sensazione di ansia per mettere le mani su un trofeo del circuito maggiore, ma ora c’era spazio per l’incredulità di aver conquistato a pieno merito uno dei trofei più importanti della sua carriera. Peccato, probabilmente, che da adesso cominceranno due mesi di pausa. Come è possibile fermarsi proprio quando il bello è appena cominciato?
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