Lo scorso anno pianse. Lo scorso anno era tutta una sorpresa, tutto un miracolo, tutto troppo bello dopo aver temuto il peggio.
Lo scorso anno ogni risultato andava bene e infatti vennero praticamente i migliori possibili.
Lo scorso anno Juan Martin del Potro scoprì un amore insolito per l’erba, che gli dava la possibilità di giocare più back che top di rovescio, che lo faceva sentire di nuovo un giocatore di tennis, che gli dava speranza per tutto, ancora una volta.
Questi Championships 2017 invece sono arrivati diversamente: i bagordi di fine 2016 causa vittoria della Coppa Davis hanno inevitabilmente lasciato uno strascico troppo lungo da essere smaltito in fretta. Del Potro ha infatti rinunciato agli Australian Open, iniziato tardissimo la preparazione e si è ritrovato sul cemento americano scarico di forma e di motivazioni. Sulla terra la brutta notizia della morte del nonno: il ritorno in Argentina, il lutto, la ripresa e i tabelloni sfortunati.
Anche contro Kokkinakis ha avuto i suoi momenti di vuoto, di pause, di insicurezze: perché sull’erba a perdere un set ci vuole poco e ancora meno a ritrovarsi fuori, a giochi fatti, nei primi turni, coi riflettori semi accesi. Un avversario poi in ripresa, quello di Juan Martin: la spalla di Kokkikakis è ora a posto, riprendere confidenza con colpi, avversari e campi è un’altra cosa, la fiducia un’altra ancora.
Tra tutti questi dubbi e circostanze arriva del Potro: un dritto di qua, uno di là, un servizio vincente, una fame sempre presente, la capacità di vincere partite difficili o complicate, cose che non si insegnano, cose che hai dentro o non ce l’hai, semplicemente.
E allora, Gulbis permettendo, l’argentino avvisa Djokovic, probabile avversario di terzo turno: la sfida è rinnovata, occhio a del Potro, la cui stagione inizia adesso.
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