Tennista tecnicamente sublime, dotata di un talento al di fuori del comune, Hana Mandlikova è stata costretta a farsi largo tra mostri sacri del calibro di Evert e Navratilova. Altre sarebbero rimaste inesorabilmente schiacciate in una morsa del genere; lei con la sua classe è riuscita a lasciare un segno indelebile nella storia del tennis femminile.
Nata a Praga il 19 febbraio 1962, esordisce nel circuito WTA nel 1978. Nello stesso anno, ancora 17enne, diventa campionessa mondiale junior e vince a Barcellona il suo primo torneo da professionista.
Il 1979 è l’anno della conferma, con altri 4 titoli, ma bisogna attendere il 1980 per l’esplosione definitiva. Vince altri 6 titoli, ma soprattutto in novembre si aggiudica il suo primo Slam, superando in Australia superando in finale la beniamina locale, Wendy Turnbull.
Nel 1981 arrivano “solo” 3 titoli, ma al Roland Garros compie una vera e propria impresa superando in semifinale nientemeno che Chris Evert (7-5, 6-4), per poi dominare in finale la tedesca Sylvia Hanika con un perentorio 6-2, 6-4. La Evert si prenderà poi la rivincita in finale a Wimbledon, battendo la tennista ceca con un doppio 6-2.
Sarà ancora Chris Evert a negarle la gioia del suo terzo titolo Slam, battendola nettamente in finale a New York nel 1982 (6-3, 6-1), ma la giovane Hana non si demoralizzerà e si prenderà la sua rivincita tre anni più tardi.
Siamo all’Us Open del 1985 e qui la Mandlikova compirà la sua impresa più grande. Battendo prima in rimonta la bestia nera Evert in semifinale (4-6, 6-2, 6-3), e poi Martina Navratilova in finale (7-6, 1-6, 7-6).
L’ultimo grande squillo arrivò all’Australian Open 1987, quando superò ancora la Navratilova in finale (7-5, 7-6), prima di arrendersi a una lunga serie di guai fisici che la costrinsero al ritiro a soli 28 anni proprio il 20 giugno 1990, dopo la sconfitta al secondo turno di Wimbledon, l’unico Slam che manca al suo palmarés. E noi pagheremmo di tasca nostra per vedere ancora una giocatrice così!
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