È trascorso soltanto un anno ma sembra preistoria (o forse è solo la preistoria che è voluta tornare ancora protagonista). Fatto sta che dodici mesi eravamo tutti strabiliati dalla serie di record che RoboNole stava man mano frantumando. Un filotto di 17 finali consecutive era stato fermato poco più di un mese prima soltanto da un’infezione all’occhio. Il cammino era ripreso in maniera ancora più impressionante ad Indian Wells e a Miami Djokovic aveva trovato l’ennesima conferma superando con un doppio 6-3 l’unico giapponese emotivo, che a Miami 2016 ha iniziato la serie di sconfitte consecutive in finale, giunte a quota 6 con quella di Buenos Aires.
Il campione serbo con il titolo in Florida aveva raggiunto quota 28 titoli Masters 1000, staccando in vetta. Dopo esserci riuscito nel 2011, 2014 e 2015, per la quarta volta aveva messo a segno la doppietta Indian Wells-Miami e, come nel 2011 e nel 2015, il doppio titolo si aggiungeva alla vittoria agli Australian Open. In classifica i punti di vantaggio sul secondo, Andy Murray, erano quasi 9.000.
Nel passaggio alla terra battuta forse Djokovic aveva voluto un po’ nascondersi in vista del traguardo che continuava a sfuggirgli: un’inattesa sconfitta a Montecarlo e una svogliata finale persa a Roma, intervallate dal successo a Madrid dopo due anni di assenza. Poi è arrivato l’agognato successo a Bois de Boulogne, il NoleSlam, il record di punti in classifica a quota 16.950 e nessun traguardo gli sembrava più precluso. Ed invece è successo quello che nessuno avrebbe immaginato e che invece ormai tutti conosciamo benissimo. La sconfitta di Wimbledon contro Querrey non era stato un incidente di percorso, ma la prima avvisaglia dello spettro della soddisfazione. Le Olimpiadi la più grande delusione. La trasferta nordamericana aveva fatto poi pensare che la legge di Nole fosse già stata ripristinata, ma più per assenza di contendenti che per altro, ad eccezione di quell’uomo che indovina 14 giorni consecutivi all’anno, aiutato anche da un problema al piede del serbo. A quel punto il serbo ha fatto di tutto per cercare il suo avversario e lo ha trovato in se stesso. Sconfitte contro colleghi sistematicamente e agevolmente battuti in passato e nelle Finals a Londra una prestazione ombra sconcertante contro un Murray che, in un continuo crescendo, aveva colmato l’abisso di punti in classifica spodestandolo al vertice del ranking.
Al termine della scorsa stagione è arrivata la separazione dal coach Boris Becker che, nel lamentare la poca dedizione all’allenamento del serbo negli ultimi sei mesi, aveva forse dato la chiave di lettura più vera della crisi di risultati. Qualcuno aveva ipotizzato una crisi coniugale, ma intanto si parla di un probabile secondo figlio in arrivo. Lo stesso Nole ha infine ammesso di aver preso una pausa troppo lunga e, comunque, sembra tutt’altro che affranto per gli scarsi risultati che lo vedono soltanto in posizione numero 22 nella Race dopo 3 mesi, tanto da non sottrarsi alle sue solite performance. E dopo lo showman forse la terra battuta, che tanto lo ha fatto penare in passato, lo farà tornare il dominatore di un anno fa? In questi dodici mesi abbiamo assistito a tutti i cambi di fronte oltre l’immaginabile e con un campione del calibro di Nole possiamo aspettarci di tutto.
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