Gli Open d’Australia, da un paio d’anni a questa parte, non ci riservano grosse sorprese. Si, nel 2015 c’è stata la clamorosa eliminazione al primo turno di Nadal e l’indimenticabile vittoria di Seppi su Roger Federer, ma gettando gli occhi sui finalisti delle varie edizioni, ci accorgiamo di osservare sempre gli stessi nomi. A partire dal vincitore, Novak Djokovic. L’Australia è stabilmente terra di conquista del serbo, che ha lasciato via libera solo nel 2014 a Stan Wawrinka e le sue bordate di rovescio. Il day 4 ha però emesso un verdetto inaspettato, una prova schiacciante che forse qualcosa sta cambiando. Novak Djokovic è stato eliminato da Denis Istomin, dopo 5 set giocati ad un livello del tutto insufficiente. Termina quindi il regno del serbo ed è impossibile negare che siano partite le illazioni su chi possa essere il campione di questa edizione. Tutti i tennisti in pole position hanno le loro possibilità, a partire dal favoritissimo Murray, passando per Raonic e Wawrinka, fino a Nishikori e Nadal. I giochi sono sicuramente aperti, ma lo sono per tutti?
Proviamo a spingerci oltre per un attimo, al di là di quelli che sono diventati i diretti favoriti, alla luce di tale eliminazione illustre. Immaginare Djokovic fuori al secondo turno sarebbe stato puro fantatennis alla vigilia, perciò che male c’è a continuare su questa strada?
Andreas Seppi
L’ultimo Slam italiano vinto in singolare è datato 1976 e a vincerlo era stato Adriano Panatta. Magari sarà Seppi a interrompere il digiuno e a far sventolare la bandiera italiana su Melbourne. Domani sarà in campo contro Stan Wawrinka, in un ottavo di finale che l’altoatesino non aveva neanche immaginato di potersi giocare. Possibilità? Basse oltre ogni immaginazione probabilmente, ma la speranza è l’ultima a morire (anche se alla fine poi muore). Solitamente, prima di un match si fa riferimento agli ultimi precedenti tra i due tennisti, ma la cosa converrebbe veramente poco. Che si prendano i primi allora, con Seppi avanti 2-0 grazie alle vittorie raccolte appena 11 fa. Dai Andreas.
Mischa Zverev
Da quanto tempo gli Australian Open sono dominati da grandi battaglie fisiche giocate nei pressi della linea di fondo? “Troppo” potrebbe dire Mischa Zverev, inviato a Melbourne dagli dei del serve&volley per redimere lo Slam down-under. Il tedesco ha finora snobbato la linea di fondo, forse anche con un po’ di disprezzo, seguendo a rete qualsiasi cosa la sua racchetta toccasse. Il tedesco dovrà battere agli ottavi il numero 1 del mondo Andy Murray per poi incrociare le spade con uno tra Nishikori e Federer. Il britannico non è malaccio a tirare passanti, gli altri due se la cavano. Per non parlare di tutto il resto.
Daniel Evans
Altro britannico, forse meno prestigioso del primo sopracitato. Evans ha già fatto fuori Cilic, Tomic e se potesse abbatterebbe anche un altro -ic. Il tabellone gli ha però messo davanti Jo-Wilfried Tsonga nel suo match di ottavi di finale. Dovesse riuscire ad irretire il francese con i suoi slice di rovescio, avrebbe un compito ancor più duro ai quarti, dovendo incontrare Seppi. O Wawrinka.
Denis Istomin
Come non poter citare infine il carnefice del dittatore? Denis Istomin ha già vinto la partita più importante della sua carriera, ma avrà senz’altro fame di altri grandi traguardi. Giocherà con Grigor Dimitrov agli ottavi, nulla in confronto al terribile Carreno-Busta domato in cinque set. L’uzbeko è entrato in tabellone grazie ad una wild card, avendo cominciato il torneo come numero 117 del ranking. Questo numero però non serve più, non ha alcun valore. In fondo, se batti il numero 2 del mondo, non diventi tu stesso il numero 2 del mondo?
Anche se starete pensando che questo possa sembrare il delirio di un febbricitante, o solo la segreta speranza degli stessi tennisti citati, e anche se probabilmente niente di tutto ciò accadrà, non costa nulla però pensare e sperare di vedere braccia diverse alzarsi nel giorno più importante. Ovviamente, se poi dovesse verificarsi uno di questi scenari, che nemmeno Indipendence Day, chi ci potrà trattenere dal dire “ve l’avevamo detto”.
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