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Federer c’è, ora abbiamo le prove

Tre set. 90 minuti. Regolato Tomas Berdych. Come ai vecchi tempi potremmo dire, anche se forse non è la più calzante delle definizioni, considerando che il ceco, in passato, ha rovinato più di una festa allo svizzero. Federer, con il suo stereogrammatico abbigliamento, c’è. Ora abbiamo le prove.

Lo svizzero è emerso dalla tarda e umida serata australiana come tanti speravano, ma pochi credevano. È emerso come quelle immagini nascoste negli stereogrammi. Non avete presente gli stereogrammi? Quegli apparenti, semplici insiemi di colori che nascondono un’immagine tridimensionale? Beh, per capire di cosa si tratta ci sono almeno due possibilità: la prima è googlare “stereogramma”, la seconda è osservare la nuova t-shirt dello svizzero zompettante da una parte all’altra della Rod Laver Arena.

Ci si deve concentrare per catturare questo genere di figure, pare funzioni incrociare appena gli occhi e un’immagine apparirà chiara, nitida: l’immagine in questione, nemmeno a dirlo, è quella dello svizzero. Ora il tennis può tirare un sospiro di sollievo e godersi l’attesa fino all’ottavo di finale contro Kei Nishikori. Quel sospiro, il nostro amato sport, lo tirerà vada come vada quel match: gli basta sapere che Federer è lì, pronto a combattere, pronto a stupirlo ancora un po’.

E pensare che quella maglia nemmeno piace granché: “non è da Federer”, si dice, “troppo sgargiante”. Ma forse quel baffo cucito sul petto (che ne sa una più del diavolo) voleva sottolineare il ritorno, il primo vero ritorno del Re dopo il primo crollo in classifica, dopo il primo vero doloroso dubbio sul suo futuro. E si è rivelato il primo vero bis di Federer che, come ogni stella che si rispetti, ha suonato l’ultima canzone, è andato dietro le quinte per poi, dopo la dovuta attesa, imbracciare di nuovo la chitarra e ripartire con un riff da far tremare ogni cassa.

Dietro quelle apparenti, semplici linee irregolari si nascondeva lo svizzero. Bastava incrociare leggermente gli occhi per vederlo campione, rockettaro più che mai. Bastava, semplicemente, incrociare un po’ gli occhi.

 

Jason D'Alessandro

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