Sono storie ai limiti del tennis. Non c’è niente da aggiungere, niente da dire. Non c’è critica che possa scalfirle. Sono storie complete di tutto, insegnamenti ed emozioni compresi. Il meglio che possa dare lo sport, l’immagine più bella del tennis.
Ma in fondo, perché sorprendersi? Venus Williams e Roger Federer, sono il tennis. Non c’entra l’età, l’esperienza, non c’entrano ragionamenti triti e già mille volte ascoltati. Uno sport per vecchi? Sì, certo, lui ne ha trentacinque, lei va per i trentasette. Ma che c’entra? C’è qualcosa di eterno nella loro adesione a questo sport, qualcosa che rende grande, e importante, la loro missione, anche al di fuori delle righe di un campo e di quello che sanno ancora fare su quel palcoscenico.
È un modo di sentirsi attori che condividono con pochi, campioni che hanno come loro qualcosa di speciale. Serena, certo, e anche Francesca Schiavone, che ogni volta che scende in campo, anche ora che non vince quasi più una partita, sembra intonare un inno alla gioia. Poi Nadal, come dimenticarlo? E Mirjana Lucic, nel nome di tutte quelle che si sono battute contro un padre-padrone. Non esprimo paragoni, accomunandoli. Non sto tentando una classifica. Le emozioni non danno punteggi. Ma guai a toglierle, a negarle, a banalizzarle. Guai a non considerarle indispensabili. Non ci sarebbe lo sport.E allora, eccoli qui.
Venus che torna in una semifinale australiana quattordici anni dopo l’ultima che abbia giocato su questi campi. Quattordici anni… Verrebbe da scandire la stessa parola, per comprenderla appieno, per sentirsela risuonare nelle orecchie. Quat-tor-di-ci! Ma vi sembra umano? Si è curata con il tennis da una brutta malattia, una sindrome immuno-depressiva che l’ha prostrata a lungo. Ha buttato sei, sette stagioni, ma non ha mai rinunciato al suo sport. Ha inseguito la guarigione battagliando sul campo, e continuando a fare tutto il resto che fa, mille altre cose. Che donna, ragazzi! E ora che finalmente può permettersi di stare bene, eccola a divertirsi con ragazze che potrebbero essere le sue nipotine. E a stracciarle, di tanto in tanto. Giusto per ricordare alle pupe che non si è campioni per caso.
E Federer? In semifinale dopo sei mesi di officina per riparare le giunture sfrigolate. Gioca come se non avesse mai smesso di farlo, e il pubblico è lì che se ne sazia. Hai visto? Ma cosa ha fatto? Dio santo che colpo! L’essenza stessa del gioco, la purezza estrema. Arriveranno in finale? Non ci arriveranno? Faccio il tifo per loro, apertamente. Ma se non vi riusciranno, niente cambierà della gratitudine che provo nei loro confronti. Hanno reso semplicemente più bello il mestiere che faccio.
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