Lo sport ha la responsabilità di combattere la violenza di genere. Con i suoi valori paritari e la sua risonanza mediatica, lo sport ha una voce per fare la differenza. Ha una voce per iniziare il cambiamento. Oggi ce la fanno sentire uomini e donne, schierati insieme contro ogni forma di durezza e diversità. Oggi che, […]
19 Nov 2016 10:00 - ATP
ATP Finals, quando il tennis è bello e incerto (anche senza Federer e Nadal)
di Luigi Ansaloni
LONDRA – La sicurezza è perlopiù una superstizione, scriveva Helen Keller. E il 2016 del tennis rappresenta forse nel migliore nei modi questa “massima”.
Molti (tutti?) ad inizio anno scrivevamo e dicevamo che quest’anno sarebbe stato noioso, noioso e ancora noioso. Era gennaio. Siamo arrivati a novembre e a tre partite dalla fine della stagione ci troviamo al punto che non sappiamo chi, da qui a domani sera, sarà il numero 1, il numero 2, il numero 3, il numero 4 e il numero 5 del mondo. Insomma, a naso, niente male davvero, soprattutto per un anno che, come detto all’inizio, sembrava scontatissimo. E fino a giugno era stato esattamente così, questo 2016, né più né meno.
Tanto che più di uno (io, ad esempio) aveva scritto persino delle “invettive” su quanto maledettamente scontato e noioso sia il tennis dominato da quel “brutto, cattivo e monello” di un Djokovic. A distanza di 4 mesi e mezzo, tutto è stato spazzato via come un granello di sabbia in mezzo ad una tempesta. Dunque, tornando all’aforisma iniziale della Keller: davamo tutto per scontato perché lo pensavamo sul serio o per vedere l’effetto che fa quando, appunto, tutto sarebbe andato a scatafascio, come è poi accaduto. Insomma, il giochino di “tanto non ce la farò mai” del secchione all’università che poco prima dell’esame finge disperazione di fronte agli altri colleghi (disperati per davvero), per poi schernirsi di fronte all’ennesimo 30 e lode stampato nel libretto.
Ecco, tutti noi, addetti lavori, tifosi e quant’altro, abbiamo un pochino partecipato a questo perverso meccanismo di superstizione, spacciandolo appunto per sicurezza. Detto questo, e successo tutto quello che è successo, siamo qui, a Londra, a tre partite dalla fine della stagione, in quelle che sono le prime Finals senza Federer e Nadal dal 2002, a non sapere chi saranno i primi tre giocatori del mondo domani sera, quando il 2016 (tennistico) sarà in archivio, Davis a parte. Finals che tra l’altro, molti dipingono come monotone e noioso per “partito preso”.
Il problema, e temo che questo problema il tennis se lo trascinerà davvero per tanto, tanto tempo, è che se ad un torneo del genere (così come uno slam) non ci sono né Federer né Nadal, quel torneo praticamente sarà inutile vederlo. O se lo si vede, lo si fa in maniera distratta, quasi sbuffando. In primis, gli addetti ai lavori. Eppure, viste le premesse e vista la stagione, nessuno sa come andrà a finire, e l’incertezza, tecnicamente, solitamente non è noiosa. Ma tant’è. Per il numero uno la questione è molto semplice: chi andrà più avanti tra Murray e Djokovic, lunedì sarà il re del ranking 2016.
Per quanto riguarda il numero 3, 4, 5 a giocarselo saranno Nishikori, Raonic e Wawrinka, con lo svizzero però già eliminato dalle Finals. Il giapponese lunedì sarà numero 3 del mondo solo se vince il torneo, altrimenti dietro i dominatori Murray e Djokovic ci sarà Raonic. E anche per superare Wawrinka al quarto posto, Nishikori dovrà vincere il torneo. E la chiamano noia…