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Quale forma ha l’acqua? In verità l’acqua prende la forma che le viene data, perché si sostiene che non ne abbia davvero una tutta sua. Proprio come un liquido, incapace di acquisire una sola forma, il tennis di Jannik Sinner fluisce, si adegua a ogni foggia o situazione. Scorre inesorabile ignorando gli ostacoli e procede placido lungo il suo percorso. All’appuntamento delle ATP Finals di Torino Jannik ha iniziato il suo cammino da numero uno in un continuo crescendo, da un iniziale “compitino” svolto diligentemente contro l’australiano De Minaur durante il match d’esordio, fino alla dilagante vittoria contro il russo Medvedev, ultimo ostacolo prima delle semifinali.
Ha imparato a dosare energie e forze Jannik, a modellare il gioco e la strategia con sapienza e lucidità senza sprecare la sua più grande risorsa: la solidità mentale che nei momenti decisivi fa la differenza. Già, proprio come l’acqua, il tennis di Jannik da fluido e inarrestabile diventa solido e granitico per svettare sul gradino più alto del ranking mondiale etereo e inarrivabile.
Ma non solo il tennis del nostro campione sembra ispirarsi alla fluidità dell’acqua: lui stesso alterna leggera trasparenza a profondità d’animo con naturale innocenza. Eppure i proverbiali fondamenti della vita sono due: da una parte l’acqua che nutre ma dall’altra il fuoco che riscalda. Un fuoco che è anima di ogni luce e che splende intorno a sé, avvolgendo ineluttabile ogni cosa tra le sue spire.
Arde di talento il gioco di Alcaraz, volubile e affascinante come una fiamma che si alza e ricade, che nuovamente erompe e si avvolge maestosa per poi consumarsi talvolta in fretta e spegnersi all’improvviso. E’ discontinuo e incostante Carlos, capace di magie in campo che stregano il pubblico, alla costante ricerca del sussulto abbagliante che strappa l’applauso, a ogni costo e a ogni colpo, anche quando il gioco non lo renderebbe necessario, trasformando talvolta il capolavoro in azzardo. Quando la forma fisica non riesce a supportare pienamente il gioco complesso dell’iberico, l’aggressività e la rapidità dei colpi possono non bastare. Infatti non sono stati sufficienti il coraggio e la determinazione ad accendere il talento di Alcaraz nella kermesse torinese. In campo la fiamma del campione spagnolo non ha brillato toccando i suoi soliti livelli, infrangendo il sogno di tutti coloro che aspettavano fin dall’inizio del torneo la sfida titanica tra Jannik e Carlos, ultima versione di quella avvincente dicotomia sportiva a cui le gesta dei grandi del passato ci hanno abituati e di cui non vogliamo privarci. Il dualismo tra avversari attraversa da decenni la storia del tennis senza sosta: da Borg e McEnroe, da Sampras e Agassi, da Federer, Nadal e Djokovic fino a Jannik e Carlos, ultimi eredi del tennis pronti a scrivere i nuovi capitoli di una rivalità epica. E come nella migliore tradizione dei romanzi fantasy gli eroi di questa sfida esemplare non sono soli a combattere ma la trama è intessuta di numerosi personaggi comprimari che rendono imprevedibile ogni scontro. La qualità del tennis di ottimi giocatori come Zverev, Medvedev, Fritz, senza dimenticare ancora il veterano Djokovic, contribuisce a variare il panorama ATP in una competizione corale dai tratti incerti e appassionanti. Forse non ci saranno spade sul trono del tennis come piacerebbe scrivere al romanziere George R.R. Martin, ma le cronache dell’acqua e del fuoco hanno oramai preso inizio e attendiamo con impazienza solo il prossimo capitolo. Ci aspetterà un mondo di fuoco? Può darsi, ma non dimentichiamoci che gli incendi si spengono con l’acqua.