TENNIS – SINGAPORE. Svetlana Kuznetsova ha esordito nel torneo nel 2004, quando nessuna della sue avversarie era professionista. Quest’anno si è qualificata nell’ultimo giorno utile, sette anni dopo l’ultima volta.
Dopo aver perso al secondo turno degli US Open contro Caroline Wozniacki, una partita che conduceva 4-0 e palla per il 5-0, Svetlana Kuznetsova si è rimboccata le maniche e ha deciso che il treno per Singapore non lo poteva perdere per una manciata di punti. E così ha giocato tantissimo per potersi qualificare al torneo di fine anno: semifinale a Wuhan persa al terzo set con Dominika Cibulkova, secondo turno a Pechino perso con Keys, semifinale a Tianjin con Riske e ora la vittoria di Mosca, che le ha dato i punti necessari a superare in extremis Johanna Konta. Il girone che le è capitato non è malaccio, per essere l’ottava testa di serie: con Radwanska ha vinto dodici volte su sedici, anche se qualche settimana fa, a Wuhan, è stata ad un punto dalla sconfitta; con Karolina Pliskova ha giocato una sola volta e l’ha incontrata nel miglior momento della carriera, perdendoci al terzo set dei quarti di finale a Cincinnati; con Muguruza è 1-1, ci ha perso in due set quest’anno al Roland Garros ma anche in questo caso ha trovato l’avversaria nelle migliori condizioni, mentre a Singapore non sembra al meglio.
Kuznetsova arriva quindi alle Finals con qualche dubbio, perché come spesso accade, chi dà tutto per qualificarsi poi finisce per arrivare scarico quando più conta. Ma lei è una tennista diversa dalle altre. Non bisogna dimenticare che ha vinto due Slam in carriera, anche se molto tempo fa, e che quando lei si qualificava per la prima volta alle Finals – che ovviamente avevano un altro nome, nel 2004 – tutte le sue avversarie di quest’anno dovevano ancora debuttare nel circuito WTA. Da allora ha giocato altre quattro volte al torneo di fine anno, senza mai però arrivare in semifinale e vincendo appena tre partite su quindici, sempre contro delle connazionali (due volte con Elena Dementieva e una volta con Vera Zvonareva).
Il suo 2016 è stato insolitamente buono. “Insolitamente” perché l’ultima qualificazione alle Finals risale al 2009, sette anni fa. Da allora Svetlana sembrava aver perso la voglia di allenarsi e di combattere e si è trovata molto spesso a navigare in brutte acque, certamente non adatte ad una tennista con il suo curriculum. Ha dovuto affrontare degli infortuni, è scesa molto in classifica e ormai la vecchia Sveta sembrava ormai un ricordo, schiacciato dalle nuove generazioni. Quest’anno è cambiato qualcosa, anche se negli Slam non ha fatto sfracelli, come al solito: due ottavi di finale (Roland Garros e Wimbledon, persi con la futura vincitrice del torneo) e due brutte sconfitte al secondo turno negli Slam sul cemento (Bondarenko in Australia e la già citata partita con Wozniacki negli Stati Uniti). Nel resto dell’anno però Svetlana ha ottenuto dei buoni risultati: due titoli Premier (Sydney e Mosca), una finale in un Premier Mandatory (Miami), due semifinali (Wuhan e Praga) e poche sconfitte inaspettate. Insomma, come hanno scritto da altre parti, “si potrebbe pensare che il 2016 possa essere un normale anno di un’ottima giocatrice”. Invece è stato qualcosa di più, perché Kuznetsova ha ritrovato la costanza di giocare il suo miglior tennis a 31 anni, quando tutto sembrava indicare che non avesse più voglia di giocare ad alti livelli, almeno non con la costanza richiesta per giocare le Finals.
Ed è così che quest’anno la russa ha giocato alcune tra le più belle partite della stagione: i tre set in semifinale a Sydney con Halep, la lezione impartita a Serena Williams a Miami, il terzo turno con Stephens a Wimbledon vinto di un soffio, le battaglie con Radwanska e Cibulkova a Wuhan. Si è scritto molte volte che Kuznetsova può fare quello che vuole con la racchetta: dotata di colpi tra i più fluidi e potenti del circuito, di un servizio più che buono, ma soprattutto di un’intelligenza tennistica sopra la media, il suo grande limite è sempre stato la capacità di rimanere concentrata per tutto il corso della partita. Un limite che non le ha impedito di vincere uno US Open a 19 anni, un Roland Garros e altri quindici tornei, tra cui quello di Mosca che le ha dato i 470 punti necessari a giocare per la sesta volta le WTA Finals. Non potrà affrontare nessuna connazionale, e quindi magari finirà a 0 vittorie. Oppure vincerà il torneo da imbattuta, lei che si è qualificata a tabellone già compilato. Intanto è tornata a giocare uno dei tennis più brillanti e spettacolari del circuito. E già questa è una bella notizia.
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