TENNIS – DA WIMBLEDON, RICCARDO NUZIALE – Nick Kyrgios è “nato” l’anno scorso a Wimbledon e a Wimbledon continua a stupire. Per la facilità di gioco, ma anche per una personalità straripante. Che nasce dal basket…
Non fa notizia superare raggiungere il terzo turno dopo aver superato sull’erba due argentini, per quanto battere un ex top 20 come Juan Monaco in tre set, senza concedere palle break, sia per sua stessa ammissione figlia di una prestazione piuttosto buona. Oltretutto se queste due convincenti vittorie sono arrivate in condizioni fisiche non ancora perfette, con i postumi di una sinusite a infastidirlo ancora.
Quel giorno la personalità dell’australiano dal nome da letteratura epica si fece statuaria e ora, dodici mesi dopo, non fa che confermarlo. Dopo la comoda vittoria con Diego Schwartzman, gli è stato chiesto delucidazioni su un’espressione da lui urlata nel terzo set, dirty scum (pezzo di merda). Era rivolta all’arbitro, con il quale aveva avuto una discussione? Nient’affatto, era rivolta a se stesso. E all’ulteriore domanda del giornalista sul motivo di quell’attimo di autolesionismo verbale, Kyrgios ha risposto nel modo più semplice e penetrante possibile: “perché posso”. Non è tutto: alla maliziosa domanda sul rischio di essere marchiato con la nomea di bad boy del nuovo tennis, Kyrgios non si è scomposto minimamente: “Non so che rispondere. Gioco come gioco. Non ho intenzione di cambiare”. Chiudendo la conferenza stampa proclamando di voler essere solo sé stesso, senza cercare di assomigliare a qualcuno.
Magari anche qualcosa in più: il continente dei grandi decaduti non aspetta altro. Kyrgios proverà a farlo capire anche nel prossimo turno, quando avrà la possibilità di vendicarsi di colui che lo fermò a Wimbledon lo scorso anno: Milos Raonic.
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