TENNIS – Di Piero Vassallo
Pur senza brillare, Novak Djokovic batte Tomas Berdych 7-5 4-6 6-3 e conquista per la seconda volta il Masters 1000 di Monte-Carlo: è il primo tennista capace di vincere Indian Wells, Miami e il torneo monegasco consecutivamente nella stessa stagione.
Per oltre due ore e mezza Tomas Berdych ha provato a sovvertire l’ordine naturale delle cose, cercando di non pensare a quel terrificante score di 18-2 nei precedenti con il diavolo serbo, provando a concentrarsi sui (pochi) ricordi positivi, pensando che in fondo l’ultima vittoria l’aveva ottenuta proprio sulla terra (Roma 2013) e che nell’unico precedente sui campi monegaschi era riuscito a strappargli un set.
Ha cercato di rendere meno scontata possibile una finale dall’esito già scritto: e tutto sommato ci è riuscito, giocando bene e lottando con le unghia e con i denti punto su punto, trascinando Djokovic fino al terzo set. A tradirlo è stato soprattutto il servizio: per poter avere concrete chance avrebbe dovuto servire una percentuale di prime molto alta, invece è rimasto sotto il 50% e alla lunga ha dovuto pagare dazio.
Vince ancora Djokovic, nonostante tutto. Nonostante una partenza lenta proprio come ieri, nonostante un break di vantaggio sciupato nel primo set, varie opportunità di portarsi avanti nel secondo e un vantaggio di 4-0 sprecato nel parziale decisivo. Il serbo non ha giocato un gran match, ha commesso tanti errori e ha concesso tanto al suo avversario. Fino al 7-5 3-2 le cose sembravano comunque in suo controllo, poi la pioggia ha costretto il giudice di sedia alla sospensione di oltre un’ora, pausa che ha permesso a Berdych di riprendere fiato e schiarirsi le idee, mentre dall’altra parte Nole ha perso il ritmo ed è ripartito male, cedendo servizio e set al ceco.
Proprio come successo nel terzo set della finale di Miami, il numero 1 del mondo ha preso subito il largo ottenendo due break di vantaggio che sembravano poter chiudere i conti. Invece, ostinato e battagliero, Berdych non ha mollato neanche vicino al precipizio: ha recuperato uno dei due break e ha cercato fino all’ultimo di non chiudere da “runner-up” la sua quarta finale in un Masters 1000. Il ceco, da domani numero 2 della race, si è inventato dei punti straordinari pur di rimanere in partita, arrendendosi quando l’orologio segnava due ore e 42 minuti di gioco.
Pur tentennando Djokovic si prende il titolo numero 52 della carriera, il numero 23 nei tornei 1000: stacca definitivamente Lendl e aggancia Federer, pianificando un più che abbordabile sorpasso a Nadal, fermo a 27. L’ultima finale persa in questa categoria di tornei risale all’agosto 2012, quando fu battuto da Federer a Cincinnati; da allora ne ha vinte 11 di fila, ribadendo un dominio che appare difficile da contrastare.
II suo livello di gioco non è paragonabile al 2011, eppure vince comunque a ripetizione e nessuno appare in grado di tenergli testa: Federer per ovvie ragioni anagrafiche, Nadal (RG a parte) è almeno un gradino sotto, Murray non è più un rivale credibile e la nuova generazione arranca: tutti indizi che spingono a pensare a una dittatura serba ancora molto lunga.
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