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Genie Bouchard, volo e tracollo in un anno

TENNIS – Di ROSSANA CAPOBIANCO – Quasi un anno fa per tutti Eugenie Bouchard era una futura numero uno: top ten, semifinalista al Roland Garros, finalista a Wimbledon, la corsa si è fermata. Le ambizioni alte, contrastate da una sportività spesso messa in discussione perfino da se stessa e dalla pressione che, evidentemente, non è riuscita a reggere. In Fed Cup ha ceduto alla Dulgheru e infine alla Mitu (46 64 61) a Montreal, in casa. Che ne sarà della canadese?

Bella, troppo bella.
Brava, pronta, lanciata. Eroina di sponsor, pubblicità e diligente allieva di coach Nick Saviano: solo un anno fa Eugenie Bouchard, da tempo promessa del tennis che conta, era tutto questo. Il suo momento, che lei pareva gestire con estrema naturalezza e concretezza. “Non mi stupisce quello che ho fatto”, diceva, con voce ferma e perfino poco femminile, intervistata a Wimbledon dopo la vittoria in semifinale contro Simona Halep. “Ho lavorato e lavoro duro, sono i risultati che mi aspetto”. Convinzione, piedi per terra. Ti stupisci, ha appena vent’anni, la guardi ed è incantevole ma il primo aggettivo che useresti è comunque cazzuta.

In finale Genie non può nulla: d’altronde quando Petra Kvitova gioca a quel livello sull’erba anche Serena Williams al meglio sarebbe in difficoltà. Quella finale non iniziò mai, la Bouchard dovette arrendersi praticamente senza poter lottare. 
Poco importa, si pensò. Dopo la semifinale a Parigi una finale a Church Road vuol dire tanto, ci vuole solo un altro po’ di tempo, un po’ di fortuna, un’altra avversaria, crescere ancora.

Evidentemente, però, la canadese non ha razionalizzato così la vicenda: attesissima a Montreal nel Premier Event di casa, Genie soccombe alla pressione, alle aspettative, alla delusione di un obiettivo non raggiunto. Da lì, la Bouchard di fatto sparisce. Tutte le sue certezze, il suo tennis fatto di contrattacco, le ambizioni, le convinzioni di chi ha progettato da tempo la propria ascesa spazzate via. Il tempo passa e Genie non torna.

 

Si chiude anzi in un atteggiamento ostile, scontroso, ai limiti dell’anti-sportività: mani non strette all’avversaria (ultima la Dulgheru due giorni fa) in Fed Cup, continue dichiarazioni su un veto all’amicizia all’interno del circuito. “Non credo nell’augurare buona fortuna all’avversaria prima del match”, quasi si giustifica.

 

Genie non vede la sottile linea umana e sociale tra l’educazione e la sportività e quell’autenticità che nessuno vuole negarle, ma che esasperando non fa altro che esporre in maniera pericolosa. Perché quando in una giornata come quella di Domenica perdi anche dalla Mitu (numero 104 del ranking), a casa tua, a Montreal, dopo avere perso dalla Dulgheru che ironizza con la squadra sul presunto gesto “autentico” del giorno prima, i demoni e gli appassionati ti son tutti contro. E te li sei cercati, tutti quanti.

 

In mezzo, la voglia di cambiare: uno “scippo” alla Azarenka, il coach di una vita Sumyk che da una notte all’altra firma un contratto con la canadese, i risultati che continuano a non arrivare e adesso il baratro: un profondo scuro nel quale, al momento, non si intravede nulla di quello che era, appena un anno fa. Gioco, prospettive, serenità, convinzioni, progetti.

Cosa ne sarà della Bouchard? Speriamo ricominci almeno da qui:

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Rossana Capobianco

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