di FABRIZIO FIDECARO
TENNIS – Andrea Gaudenzi è stato l’unico tennista italiano a raggiungere la finale nel torneo Atp di Dubai. Il faentino vi riuscì nel 1995, all’apice della carriera, battendo, fra gli altri, Goran Ivanisevic e Petr Korda e arrendendosi soltanto a Wayne Ferreira. Riviviamo il suo percorso, che lo portò a infrangere la barriera dei top 20.
Dal 1993, anno della sua prima edizione, nessun italiano è mai riuscito a vincere il torneo Atp di Dubai. Ad andare maggiormente vicino al successo fu nel 1995 Andrea Gaudenzi, unico azzurro capace di raggiungere la finale nel torneo degli emiri.
Era il mese di febbraio, e il faentino, all’epoca 21enne, veniva da un discreto avvio di stagione. A Sydney aveva raggiunto le semifinali, battuto solo dal futuro vincitore Patrick McEnroe, mentre agli Australian Open era riuscito a eliminare al debutto il numero 14 Atp Marc Rosset, cedendo però nettamente al secondo turno al russo Andrei Olhovskiy. Poi l’impegno nel primo turno di Coppa Davis a Napoli contro la Repubblica Ceca, con il punto decisivo ottenuto ai danni di Slava Dosedel a cancellare l’iniziale sconfitta con Daniel Vacek.
A Dubai l’allievo di Ronnie Leitgeb si affacciò da numero 24 del ranking e fu escluso per un soffio dalle otto teste di serie, ritrovandosi già all’esordio di fronte niente meno che Goran Ivanisevic. Il croato occupava il quinto posto della classifica mondiale ed era accreditato della seconda testa di serie. Goran iniziò il match da par suo, facendo leva sull’imprendibile servizio, e si aggiudicò la frazione d’avvio per 63.
Il giovane azzurro, però, non si diede per vinto e ribaltò la situazione, infliggendo nei parziali seguenti un doppio 63 al ben più blasonato avversario, con il quale aveva perso in quattro set negli ottavi del precedente Roland Garros (l’incontro della celebre scherzosa salita sul seggiolone dell’arbitro per proclamare “Jeu, set et match Gaudenzi”…).
Al secondo turno il romagnolo dovette lottare più del previsto per avere la meglio sullo spagnolo Francisco Clavet, battuto solo con lo score di 76(5) 16 62. Più agevole, nei quarti, la vittoria sullo svedese Henrik Holm, liquidato con un rapido 64 62.
Andrea era dunque in semifinale. Qui lo attendeva Petr Korda, proprio colui che dodici mesi prima, nello stesso torneo, lo aveva eliminato in rimonta al primo round. Il ceco, che non si era presentato a Napoli con la sua squadra nazionale, si portò avanti di un set ed ebbe la chance di servire per il match sul 5-4 nel secondo. «In quel momento pensavo solo al biglietto per il ritorno a Roma», ammise al termine Gaudenzi.
E invece, in un lampo, l’incontro girò. Sul più bello Korda commise un doppio fallo e poi sbagliò una semplice volée, riammettendo in partita l’azzurro. Questi non se lo fece ripetere due volte, dominò il successivo tie-break e chiuse a proprio favore con il punteggio di 36 76(3) 64.
Era la seconda finale della sua carriera, dopo quella persa a Stoccarda con Alberto Berasategui nell’estate precedente. La sfida contro l’allora numero 12 del mondo Wayne Ferreira, non si rivelò più fortunata rispetto a quella con lo spagnolo. Andrea, decisamente stanco, cedette di nuovo il primo set per 63, ma stavolta non fu in grado di rimontare e il sudafricano gli inflisse il medesimo score anche nel secondo.
Poco male, in fondo, perché il giorno dopo il ranking Atp sancì l’ingresso di Gaudenzi fra i top twenty, per la precisione al 19esimo posto. Era il quinto italiano capace di tanto, dopo Adriano Panatta, Corrado Barazzutti, Paolo Bertolucci e Omar Camporese. Due settimane più tardi Andrea avrebbe scalato un’ulteriore posizione, stabilendo il proprio career high: 18esimo, proprio come Omar tre anni prima. Da allora, e fino all’estate scorsa, nessuno sarebbe stato in grado di fare meglio (giusto Andreas Seppi avrebbe eguagliato il piazzamento a inizio 2013). Poi è arrivato Fabio Fognini, e gli standard azzurri sono stati ridefiniti. Ma qui si passa dal tempo dei ricordi alla stretta attualità.
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