La tecnologia cambia le regole. Anche quelle del tennis, e stavolta potrebbe essere una rivoluzione. La Federazione Internazionale (Itf) ha appena annunciato l’arrivo della “rule” numero 31, che consentirà l’utilizzo di quella che viene sinteticamente indicata come “Player Analysis Technology”, ovvero di ogni tipo di «equipaggiamento» che consenta di «raccogliere, immagazzinare, trasmettere e analizzare o comunicare informazioni che riguardano le prestazioni dei giocatori, sia che si tratti di un dispositivo separato o incorporato in uno strumento esistente». Unica clausola: i tennisti non potranno accedere ai dati durante il match, perché sarebbe come ricevere suggerimenti dalll’allenatore e questo, tranne che in Coppa Davis, è vietato. «Quando le regole del tennis sono state scritte – spiega Stuart Miller, il boss del dipartimento scientifico della federazione – nessuno poteva prevedere uno sviluppo del genere, serviva una nuova norma che coprisse questo settore». Negli intenti di governa il gioco da cento anni esatti la nuova regola, come ha spiegato Francesco Ricci-Bitti, presidente dell’Itf «permetterà ai tennisti di sfruttare la tecnologia senza compromettere l’integrità dello sport». Un allargamento di orizzonti che dovrebbe dribblare i rischi di «doping tecnologico» ma che renderà possibile l’impiego in campo di racchette-pensanti, scarpe-computer o dei “Google glass”, gli occhiali che informatizzano la visione. Questi ultimi sono stati già utilizzati in allenamento da Bethanie Mattek a Wimbledon, ma l’innovazione più concretamente applicabile al tennis riguarda – come è naturale – le racchette. L’anno scorso ad esempio è stata presentata alla stampa dalla Babolat, la ditta francese che arma Nadal e la nostra Errani, una tecnologia denominata “Play” che grazie ad un chip inserito all’interno della racchetta è in grado di registrare, per ogni colpo, se si tratta di un dritto o di un rovescio; che tipo di effetto è stato impresso alla palla; con che velocità e se l’impatto è avvenuto al centro del piatto corde o con una mezza steccata. Per scaricare, analizzare e scambiare dati basta collegare il sensore a un pc, ad uno smartphone o a un tablet, anche via wi-fi. Per ora la racchetta magica è stata testata dallo stesso Nadal, da Jo-Wilfried Tsonga e dalla cinese Li Na, l’anno prossimo dovrebbe iniziare la commercializzazione. «Per il tennis sarà come passare dal cinema muto al sonoro», giura Eric Babolat, mentre Li Na, da brava orientale, ha già riflettuto sui diabolici sviluppi: «non vorrei che queste informazioni finissero nelle mani delle mie avversarie». Più ironico il commento di Toni Nadal, lo zio-coach di Rafa, alla fine del test condotto dal nipote al Roland Garros. «Cosa dimostrano i dati? Be’, che Rafa non sa proprio servire…». Microchip nella racchetta e nelle scarpe (già esistono modelli Adidas pensati per la corsa e il calcio), Google glass inforcati, gps nella maglietta e magari al polso un orologio computer come quello sfoggiato da Serena Williams l’anno scorso: il tennista del futuro, a immaginarlo così, fa quasi paura.
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