Insieme a te non Djoko più, guardo le nuvole lassù…scherzi a parte il veterano Djokovic a Miami ha giocato e lottato regalandosi una finale agrodolce, come lui stesso l’ha definita in conferenza stampa, dando vita a una delle migliori prestazioni degli ultimi tempi. Alla fine, sembrava infatti solo lui destinato a mettere a segno il […]
Insieme a te non Djoko più, guardo le nuvole lassù…scherzi a parte il veterano Djokovic a Miami ha giocato e lottato regalandosi una finale agrodolce, come lui stesso l’ha definita in conferenza stampa, dando vita a una delle migliori prestazioni degli ultimi tempi. Alla fine, sembrava infatti solo lui destinato a mettere a segno il punto della bandiera; la finale del Master 1000 di Miami agguantata dal campione serbo pareva destinata a rappresentare l’unica rete segnata dalla squadra pesantemente sconfitta dei top players, nell’incertezza e imprevedibilità che il tennis maschile ci sta riservando dalla squalifica di Sinner fino a oggi. Poi anche Nole è caduto in prossimità del traguardo, superato dal giovanissimo Mensik, dopo aver ceduto a due tie-break. È oramai un dato di fatto che nessuno riesca a imporsi sulla scena tennistica orfana di Jannik mentre il team degli antagonisti del numero uno azzurro incrementa le proprie fila a ogni kermesse, brancolando affannato nel tentativo di racimolare qualche vittoria degna di nota. L’assenza forzata di Jannik doveva rappresentare un momento prezioso per dare l’assalto alla classifica e invece sul tennis maschile è calato l’avvilimento più nero. E quando lo sconforto ci afferra è difficile liberarsene perché quello corre più di noi! Da Zverev ad Alcaraz passando per Medvedev, i rivali di Jannik deludono e perdono precipitando nel baratro della sfiducia: dalla zona di confort a una vera e propria sconfort zone. Ma se c’era qualcuno che reputavamo potesse sfidare la notte più buia in nome di un’alba che arriva sempre, quello sembrava essere proprio l’inossidabile campione serbo. Una notte profonda cominciata a gennaio con un avvio di stagione complicato, eppure a Miami Novak sembrava tornato, unico a ribellarsi alla sconfort zone che ha inghiottito i suoi colleghi negli ultimi mesi. La voglia di acciuffare il centesimo trionfo e ribaltare il digiuno ATP che lo accompagna da oltre un anno pareva aver ridato vigore e lucidità al tennista serbo. Mentre la maggior parte degli atleti in questi ultimi mesi ha finito col patire la pressione dettata dallo stop di Sinner, incapaci di avanzare e vincere, per Nole i confini della confort zone sono elastici esattamente come i suoi muscoli e nella tensione nessuno sa sguazzarci meglio di lui. Ma nella finale del Master 1000 nonostante le incredibili risorse del serbo, il servizio micidiale dell’avversario, il clima umido e un calo fisico nel secondo set hanno decretato la vittoria di Mensik. Con una nuova percezione da parte dei giovanissimi antagonisti, Novak da insuperabile rivale sul campo adesso è considerato un idolo da ammirare, da emulare ma soprattutto da battere senza alcun timore reverenziale. Viene da chiedersi se anche Djokovic rimarrà paralizzato nella sconfortata zona di confort o sarà ancora una volta in grado di uscirne. Abbattere il confine della confort zone non è qualcosa che si può fare a prescindere, occorre uno scopo, una motivazione capace di sostenere e dare la direzione. Alla soglia dei 38 anni, Novak avrà sempre la stessa voglia di stare in mezzo allo stress per espandere all’infinito la zona di confort o come i colleghi rimarrà ingabbiato in una desolante sconfort zone? Avrà ancora fame di risultati per resistere all’arrivo della agguerrita Next Generation? Occorre infatti una grande forza per passare attraverso i nonostante, passare attraverso gli inciampi e gli scivoloni, per continuare a crescere restando in piedi là dove è facile vacillare, alla ricerca di un posto migliore. Perché paradossalmente non c’è niente di più pericoloso se si vuole progredire che attardarsi in una sicura zona confort. Insieme a te non Djoko più, le nubi sono già più in là…arrivederci, campione, ciao…a Montecarlo.