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Sinner cartesiano, ma Alcaraz ha imparato a volare

Vi sono match che si annidano in uno spezzone di gioco, e lì si risolvono, conservando intatte le ragioni, decisamente ottime, che li hanno sospinti fino a quel momento, lungo una trama che ha la magia di una battaglia cavalleresca, tra i clangori delle spade che s’incrociano e gli occhi che scrutano le altrui intenzioni attraverso la celata di un elmo. Sono trame belliche, per lo più, ma epicizzate dal corpo a corpo che i due tennisti mimano a distanza, facendo sfoggio di quell’armamentario di violenza combinata a destrezza, scaltrezza e ingegno che li rende percettibili, e per questo umani, dando modo di cogliere, con gli atti magnifici che sfoggiano, anche la sostanza dei loro pensieri, dei rispettivi stati d’animo. Jannik Sinner e Carlos Alcaraz si sono elevati, ieri, dentro la margherita di acciaio e cemento che fece da stadio olimpico nel 2008, ai livelli celestiali di certe battaglie tra Federer e Nadal, dando forma a quel miracolo di puro godimento che solo lo sport interpretato ai massimi livelli è in grado di offrire.

Dispiace che non sia stato Sinner a vincere lo scontro, ma per una volta, lasciatemelo dire, sarebbe stato più ingiusto se non fosse stato Alcaraz a farlo suo. Non solo, e non tanto perché lo spagnolo ha fatto qualcosa in più, ché sarebbe banale limitarsi a far di conta delle rispettive occasioni, quanto perché la sua folle corsa verso il gran finale è stata più limpida e spensierata di quella di Jannik, più libera e gioiosa, spingendolo a esplorare i limiti stessi del proprio tennis, o forse, chissà, a farsi trasportare dal gioco stesso verso i Campi Elisi del nostro sport. Si gioca così solo in Paradiso, mi capitava di scrivere quando vedevo Federer alle prese con Nadal. E mi piace pensare che negli anni a venire potrò continuare a divertirmi.

Sinner può rammaricarsi solo che la sua attuale condizione non esorti, in questo momento, a pensieri liberi e gioiosi. Semplicemente, gli è stato proibito da una vicenda che si colora sempre più di tinte fosche e brutali, tipiche di uno sport in mano a burocrati pronti a passare su tutto, anche sull’innocenza evidente di un giovane campione, pur di non rinunciare nemmeno a un grammo del loro potere.

Ma Sinner è il numero uno, e si è confermato tale anche nella sconfitta, perché giocando un match di estrema concretezza, ha mostrato all’altro che per batterlo dovrà volare sempre talmente alto da rischiare ogni volta di bruciarsi le ali. Magnifico vedere Alcaraz innalzarsi fin lassù, dove sembra impossibile arrivare. Consolante, non poco, vedere Sinner capace di fornire prove talmente ben costruite e salde da lasciare agli altri la convinzione che per poterlo appaiare e in qualche modo superare, magari in volata come di fatto è successo ieri, abbiano un’unica strada davanti a sé, quella dell’impresa. Scritta a lettere maiuscole.

Così, tra i molti spezzoni di un match lungo 3 ore e 20 minuti, tutti di straordinaria qualità, credo sia opportuno scegliere il quadro finale, che dal tre a zero per Sinner nel tie break del terzo set, ha condotto al 7-3 per Alcaraz. In quello, lo spagnolo si è come trasformato, elevandosi in una dimensione quasi onirica, là dove tutto rallenta e a lui solo è concesso di sognare i colpi che servono ed eseguirli nella certezza di non fallire. Come in un’avventura aliena, Carlos ha avuto accesso ad armi prodigiose. Sotto 3-0 con due mini break concessi, ha inventato una smorzata in corsa, rifinita da una volée per il primo punto, ha pareggiato il conto dei mini break in uno scambio mozzafiato nel quale ha recuperato un pallonetto quasi sulla riga, trasformandolo in una nuova smorzata eseguita in demi volée, per poi gettarsi in tuffo su una volée che è sfilata a un passo da Sinner. Ricevuta la standing ovation ha acquisito il tre pari con un servizio vincente al centro, ed è poi volato via con una nuova volée imprendibile eseguita senza tremare con il rovescio (4-3), annichilendo Sinner con un dritto a uscire di una violenza misteriosa (5-3), approfittando di un errore di Sinner (6-3) e ha chiuso il filotto di sette punti consecutivi con un altro dritto che ha quasi strappato la racchetta di mano al nostro.

La partitura degli impossibili svolazzi d’autore, opposta alla cartesiana costruzione di Sinner, è stata di fatto al centro di tutto il confronto. In un primo set che Alcaraz ha condotto con sicurezza, cedendo però ai bassi istinti della sua anima un po’ spaccona, e in tal modo complicandosi la vita mentre Sinner si riprendeva (sul 3-5) il break ceduto nel terzo game, e agganciata la parità, salvava un set point sul 5-6, per portarsi al tie break. Dove Alcaraz imitava se stesso, andando in fuga per poi fermarsi d’improvviso sull’incedere regolare di Sinner. Altri due set point salvati, hanno fatto da introduzione a un filotto di quattro punti con i quali Sinner è risalito da 4-6 confiscando la prima frazione.

Lo stesso nel secondo set, dove la svolta è giunta nell’ottavo game, lungo quasi un set, salvato da Alcaraz insieme a due palle break sulle quali è probabile che Sinner si sia giocato la vittoria. Nel game successivo, difatti, è stato Alcaraz ha breakkare per chiudere al decimo gioco. Scambio di break anche nel terzo, con Alcaraz prima avanti (3-1, 4-2), poi ripreso sul 4 pari. Poi il tie break finale, che ha fatto da ultimo ornamento a un match corso sempre a un centimetro dallo strapiombo.

Il tennis va a Shanghai, per un Masters 1000 (il penultimo) che vede i due di nuovo spalla a spalla, in rotta di collisione nella semifinale. Alcaraz vince a Pechino il quarto trofeo della stagione, il sedicesimo della carriera. Sinner perde la prima finale dell’anno (su sette giocate) ma continua a governare il tennis dall’alto di una classifica che gli assegna 10.930, quattromila esatti più di Alcaraz, che scavalca Zverev e va a riprendersi il secondo posto. L’unico dato che Sinner potrà leggere con lenti d’ingrandimento diverse è la terza sconfitta subita dallo spagnolo nel 2024, in tre match giocati. Preoccupante, se si considera che per la prima volta uno dei due (6-4 i testa a testa) ne vince tre di seguito, spezzando il ritmo delle due vittorie per parte cui la sfida si era attenuta. Più tranquillizzante, invece, se quella stessa lente dovesse fornire a Sinner gli altri dati del confronto: è appena la sesta sconfitta di una stagione in cui JS si è mostrato complessivamente superiore. Ma se la sconfitta di Pechino sarà presto seguita da una vittoria, credo che contribuirà non poco a distendere i nervi di Sinner.

Daniele Azzolini

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